Kijong, il villaggio nordcoreano visibile dall'Osservatorio Dora

“Ce n'è uno lì!”. La vista dalla collinetta della pace fake

Giulia Pompili

Taesung e Kijong sono una metafora perfetta di ciò che per anni sono stati i rapporti tra le Coree

A un chilometro dalla linea gialla che venerdì sarà attraversata per la prima volta da un leader nordcoreano c’è il checkpoint 3. Ci si inerpica nella foresta e si sale su una collinetta, un punto di osservazione talmente vicino al confine che il navigatore dello smartphone vi registra in territorio nordcoreano. Da qui si vede la bandiera che hanno innalzato i nordcoreani dopo che avevano visto fare lo stesso dai sudcoreani, che per anni è stata la più alta del mondo. Fino a poco tempo fa si sentivano i messaggi di propaganda degli altoparlanti del Nord: quasi sempre discorsi e citazioni di uno dei Kim, l’unica via di salvezza contro il nemico capitalista del Sud. Siccome su questa collinetta non c’entra molta gente, nel 1987, non molto distante da qui, il governo di Seul ha costruito l’Osservatorio Dora, con 34 binocoli posizionati su quelle che sembrano bocche da fuoco da cui i turisti possono osservare i nordcoreani da lontano, e le recensioni di TripAdvisor sono entusiaste. In realtà, quello che si vede qui è tutto un fake. Un Truman show, una rappresentazione che i nordcoreani da anni continuano a mettere in scena all’interno del villaggio di Kijong. Nel 1953, dopo l’armistizio, vennero fondati all’interno della DMZ due villaggi “della pace” gemelli, dediti all’agricoltura. A 350 metri dal confine, nella parte Sud del 38° parallelo, c’è Taesung: i 197 residenti sono cittadini sudcoreani come gli altri, ma sono esenti dal servizio militare, hanno il coprifuoco e non possono ricevere visite se non autorizzate. A un chilometro e mezzo di distanza in linea d’aria c’è Kijong, il villaggio nordcoreano. Pyongyang dice che qui vivono 200 persone, e ogni tanto dal binocolo si vede qualcuno a lavorare nei campi, qualcuno in bicicletta – e allora dall’Osservatorio Dora si sente: ecco, ce n’è uno lì!, come si fa allo zoo con gli animali piccoli. Il fatto è che sono figuranti: le strutture del villaggio Kijong sono inutilizzabili, gli edifici non hanno i vetri alle finestre e sono vuoti all’interno, i contadini sono soldati travestiti. Taesung e Kijong sono una metafora perfetta di ciò che per anni sono stati i rapporti tra le Coree, con Pyongyang a mostrare il suo lato più conciliante e pacifico, che faceva quello che gli altri volevano, e una volta ottenuto ciò che gli serviva (denaro, aiutami alimentari, riconoscimento) cambiava di nuovo idea.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.