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Dalle scuole ai teatri passando per la musica. Così la Germania riscopre l'antisemitismo

Daniel Mosseri

Gli ultimi fatti di cronaca e la denuncia di Alexander Rasumny (RIAS): “Il numero degli attacchi è in crescita allarmante. In un anno abbiamo registrato un +55 per cento. Nel 2017 ne abbiamo contati 947”

Le minacce in strada ai ristoratori israeliani, le liriche che irridono lo sterminio degli ebrei premiate dalle case discografiche, gli spintoni nei cortili della scuola a bambini di fede ebraica e, ancora, i cori antisemiti alle manifestazioni pro-Palestina. La Germania riscopre l’antisemitismo. Non si tratta più del fenomeno di odio antiebraico sul quale Adolf Hitler ha versato la sua benzina incendiando e la Repubblica di Weimar e tutta l’Europa. Lo Judenhass di oggi nasce dal basso, nelle scuole, nei teatri, sui giornali che indicano Israele come stato-canaglia, e purtroppo nelle moschee; e si manifesta con atti di violenza improvvisa e imprevedibile, spesso, ma non sempre, slegati da appartenenze politiche.

 

Fra gli ultimi casi c’è appunto l’Echo Award – un disco d’oro in salsa tedesca – assegnato ai due giovani rapper musulmani che cantano “faccio un Olocausto, arrivo con la molotov” e anche “il mio corpo è più definito di quello di un internato di Auschwitz”. Frasi infelici che andavano stigmatizzate e non certo premiate dalle scuderie tedesche del vinile. Sigle che poi, davanti alla reazione sdegnata di alcuni dei loro stessi cantanti, hanno fatto una goffa retromarcia a metà promettendo “nuovi criteri nella selezione dei candidati ai premi” in futuro.

 

Non si fa in tempo a scrivere che un giovane israeliano con la kippah, il copricapo degli ebrei osservanti, è stato preso a cinghiate in pieno giorno da un giovanissimo arabo a Prenzlauer Berg, il quartiere più fighetto di Berlino, che da Costanza, nel meridionale Baden-Württemberg, arriva la notizia di un teatro che allestirà il “Mein Kampf”, una farsa, proprio nel giorno del compleanno del Führer (il 20 aprile) e che, per aggiungere confusione, promette biglietti gratis a chi si presenterà nel foyer con la svastica (le prenotazione dei novelli nazisti del venerdì sera sarebbero già una cinquantina). Una provocazione per fare capire come siamo tutti facilmente manipolabili, si giustificheranno i produttori davanti al tribunale il cui intervento è stato richiesto da un’organizzazione ebraica. Ci sarà un giudice a Berlino ha pensato la ricorrente Deutsch-Israelische Gesellschaft: il giudice c’era e ha dato ragione al regista Serdar Somuncu in nome della libertà di espressione.

 

“Il numero degli attacchi antisemiti è in crescita allarmante” afferma al Foglio Alexander Rasumny della Recherche- und Infor­ma­tion­sstelle An­ti­semitismus Berlin. Proprio ieri la RIAS ha pubblicato il suo rapporto annuale sugli atti di violenza fisica o verbale condotti contro ebrei, israeliani e presunti tali nella capitale tedesca. “La crescita su anno è del 55 per cento. Nel 2017 ne abbiamo contati 947: in sostanza si va dai due a tre attacchi al giorno. E poiché la nostra organizzazione è relativamente nuova, siamo certi che il numero di atti antisemiti non identificati è ancora alto”. Molti atti di intolleranza, spiega Rasumny sono “a bassa soglia”, privi cioè di rilevanza penale. “Il nostro lavoro è solo all’inizio ma dal 2015, quando abbiamo iniziato, notiamo già una differenza: allora l’antisemitismo era un problema percepito solo all’interno della comunità ebraica e dagli israeliani a Berlino. Oggi c’è più consapevolezza anche al di fuori di questi gruppi”. Il governo federale promette fuoco e fiamme contro il pregiudizio antiebraico “ma per noi quello che conta adesso è non abbandonare le vittime traumatizzate a se stesse”. Rasumny spiega anche che ogni volta che i media si focalizzano sulla tensione attorno a Israele, la RIAS registra un picco di attacchi antisemiti.

 

Mercoledì il presidente del Consiglio degli islamici in Germania, Aiman Mazyek, ha condannato la violenza di strada a Prenzlauer Berg e ogni forma di antisemitismo. Resta il rischio però che fomentato anche dai sermoni di molti imam formati lontano dalle scuole tedesche e ampiamente ostili allo stato ebraico, il pregiudizio non faccia che aumentare. Intanto da Costanza i produttori del Mein Kampf hanno chiesto a parte degli spettatori di indossare la stella gialla. Potranno cosi “dimostrare solidarietà con le vittime della barbarie nazista” ma, a differenza di quelli con la svastica, entreranno a pagamento.

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