Missione compiuta di Putin
In Siria lo zar russo annuncia il ritiro (un altro) e non vuole Assad al suo fianco
Mission accomplished, ha detto lunedì Vladimir Putin in visita alla base aerea Khmeimim, in Siria: la vostra terra madre vi aspetta, ha detto il presidente russo rivolto ai soldati, è ora di tornare a casa. Putin ha già annunciato almeno tre volte il ritiro delle truppe dalla Siria, ma ora che il paese è “Islamic State free”, è stato liberato dallo Stato islamico, s’è ripresentata un’altra occasione buona per annunciare un ritiro che per i conti della Russia sarebbe quasi d’obbligo (sul fatto che lo Stato islamico in Siria sia stato battuto dalla coalizione a guida americana con i soldati curdo-arabi finanziati dagli americani non ci dilungheremo molto, ma se la missione è compiuta il contributo russo è minore).
Ma la volontà di espansione russa e quell’approdo sul Mediterraneo tanto agognato e già presentissimo nell’immaginario sovietico fanno pensare che il presidio russo non andrà certo perduto. Bisognerà vedere come si trasformerà, ma intanto lunedì, tra le fanfare e il cielo blu, c’è stato un momento molto significativo. Putin si stava incamminando verso il podio per parlare ai soldati, di fianco a lui i generali russi. Quando s’è mosso il presidente russo, il collega siriano, quel Bashar el Assad che deve a Putin tutto, la sopravvivenza, la legittimità, il diritto di apparire in pubblico, si è accodato. I generali russi però lo hanno bloccato, è meglio che tu stia qui, gli hanno detto i generali russi, la scena è tutta del nostro presidente. E dopo tanti anni, dopo tanti salvataggi, dopo tanti scontri, mentre si gode una vittoria che non ha conquistato sul campo ma che ora è tutta sua, Putin un pochino di imbarazzo per quel presidente siriano impresentabile lo prova pure lui.
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