Il premier olandese Mark Rutte (foto LaPresse)

Dall'Olanda una lezione per i "guardiani" della democrazia italiana

Redazione

Dopo 208 giorni i partiti hanno trovato l'accordo per il governo. Nessuno si scandalizza. Da noi si sarebbero sollevate le onde dell’indignazione a comando

I colloqui tra i partiti politici olandesi sono durati sette mesi, per la precisione 208 giorni, per arrivare a un accordo che conferma come premier Mark Rutte, che questa volta governerà con una coalizione di centrodestra, mandando all’opposizione i socialisti crollati dal 20 al 5 per cento. Dopo altri colloqui si arriverà, si spera, alla conferma parlamentare nell’ultima settimana del mese. Nessuno si scandalizza, né della lunga gestazione né del fatto che l’accordo sia frutto dei contatti tra partiti e non l’esito diretto di un voto popolare.

 

D’altra parte in Belgio c’era voluto più di un anno per arrivare a eleggere il governo dopo le elezioni, e in Spagna Mariano Rajoy ha governato in prorogatio per sei mesi e poi, dopo un nuovo turno elettorale ha formato un governo di minoranza. È abbastanza naturale che in sistemi politici in cui non si è determinato un bipolarismo quasi onnicomprensivo, come quello che in Italia c’è stato solo nella fase del confronto tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi, si debbano costruire faticosamente coalizioni plurali. Se, com’è probabile, data la frammentazione tendenzialmente tripolare delle formazioni politiche che nessuna legge elettorale può cancellare, anche in Italia sarà necessario tempo e fantasia per costruire una compagine di governo in grado di ottenere una maggioranza, sappiamo già che si leveranno le onde dell’indignazione a comando, per deprecare le lentezze e le complicazioni di questo percorso. Forse con un po’ meno di provincialismo si capirebbe che le dinamiche della democrazia parlamentare possono richiedere procedure complesse, senza che questo fatto oggettivo sia scambiato per una patologia terminale. Ma c’è poco da sperarci.     

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