Elezioni in Germania, conferenza di Martin Schulz (foto LaPresse)

È l'alternanza, stupido. All'opposizione l'Spd cercherà un baricentro

Paola Peduzzi

La crisi delle socialdemocrazie è strutturale, ma potersi dotare di un’identità è un’occasione. Tenete d’occhio la Schweisg

Milano. C’è una Germania per i pessimisti e una per gli ottimisti, scrive l’Economist analizzando l’esito elettorale tedesco. I pessimisti notano che i due grandi partiti della Repubblica federale, la Cdu e l’Spd, non sono andati bene, insieme hanno toccato “il picco più basso di quota di elettori del dopoguerra”, e ora che la Grande coalizione sembra esclusa – anche se il negoziato per la coalizione è appena iniziato – la cancelliera vittoriosa, Angela Merkel, si deve imbarcare in trattative che possono creare instabilità e compromessi poco sicuri e poco europeisti. L’arrivo in Parlamento dell’AfD poi porta i pessimisti a parlare di stabilità svanita, di centrismo affossato, di prospettive di governo futuro, almeno a livello di Land, in cui si inizierà a fare patti persino con i populisti ultranazionalisti. Anche la Csu, partito dell’Unione con Merkel, potrebbe cambiare strategia: gli accordi elettorali hanno imposto collaborazione e accondiscendenza con la Merkel, ma l’anno prossimo si vota in Baviera, e i cristiano-democratici già pongono nuove condizioni, con conseguenze per la cancelliera e per la sua coalizione di governo. La frammentazione che ha ingolfato molti paesi del continente lambisce ora la Germania, che così diventa – ironia – più europea, dicono i pessimisti, cioè più simile ai tormenti degli altri.

       

 

Con il pessimismo si può finire qui, ché la Germania è eccezionale in Europa per una quantità di ragioni che un calo di voti della cancelliera non potrà rovesciare. C’è l’ottimismo, appunto, che ha molto più a che fare con la democrazia, o anzi con l’alternanza democratica, che fa sì che le grandi coalizioni funzionino come stabilizzatori ma non possano essere una soluzione permanente e solida per sempre: gli equilibri di un paese si trovano nella dialettica e nel confronto, e il fatto che l’Spd, uscita a pezzi dal voto, ora decida di andare all’opposizione potrebbe essere un’opportunità non da poco. Per i socialdemocratici prima di tutto, che hanno patito una campagna elettorale costellata di enormi sottovalutazioni e una cancelliera che, negli anni, ha divorato le idee dei suoi partner di governo di minoranza. Dal fondo non si può che risalire, come si dice, e il leader dell’Spd, Martin Schulz, ha già recuperato i suoi celebri toni “pugilistici” che si era scordato in campagna elettorale e che ora, all’opposizione, libero dal matrimonio coalizionista, potranno dare forma ad alternanza e dibattito pubblico. In questo modo si contiene anche il rischio che a fare da padroni dell’opposizione siano i ringalluzziti dell’AfD, belligeranti e ostili, ancorché tarlati da un tasso di litigiosità interna straordinario.

  

 

Per Thomas Wieder, corrispondente a Berlino del Monde, stando all’opposizione “l’Spd può provare a parlare alla sua base elettorale – dice al Foglio – avendo un ruolo più d’offensiva e così tornando a essere attrattivo”. Ma il problema delle sinistre è “strutturale”, e anche se “è meno grave”, la crisi dell’Spd è simile a quella dei socialisti francesi: “Anni al potere che hanno alienato l’elettorato tipico, un’ideologia che non si riesce a distinguere, la presenza di partiti populisti che si rivolgono a un elettorato popolare che non si riconosce più nella socialdemocrazia”. La stragrande maggioranza dei partiti di sinistra d’Europa deve trovare un nuovo baricentro, e i socialdemocratici tedeschi ora hanno l’opportunità concreta di farlo. L’equilibrismo cui Schulz s’è attenuto durante la campagna elettorale ormai è finito (non bene, come si è visto), quindi invece che parlare in termini vaghi di europeismo, diseguaglianza, tasse, investimenti, innovazione, l’Spd dovrà mostrare che faccia vuole mostrare agli elettori, e con quali politiche. Non sarà facile, i partiti di sinistra si stanno straziando su questo fronte, ma per cogliere l’occasione dalla sconfitta la leadership del partito deve scegliere, e avere un po’ di coraggio. La nuova leva dell’Spd si sente già pronta: ci segniamo il nome di Manuela Schwesig, quarantaduenne presidente del Mecklenburg-West Pomerania, la prima domenica sera a elencare il potenziale di un’opposizione funzionante.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi