Vladimir Putin e Angela Merkel (foto LaPresse)

Anche a Sochi tra Merkel e Putin resta il gelo

Luca Gambardella

I due leader si incontrano sul mar Nero ma dalla crisi ucraina al rischio di ingerenze russe alle elezioni tedesche di settembre le distanze restano enormi

Dopo due anni di relazioni diplomatiche complicate, il presidente russo Vladimir Putin e la cancelliera tedesca Angela Merkel si sono incontrati oggi a Sochi, sul mar Nero, per un bilaterale dai toni ben poco distensivi. Come c'era da aspettarsi, i due leader non hanno colmato le rispettive distanze sui principali dossier di politica estera: da una parte quello sull'annessione russa della Crimea, dall'altra quello sul sostegno offerto dal Cremlino al regime siriano di Bashar el Assad. Nella conferenza stampa congiunta, Merkel ha ribadito che le sanzioni alla Russia resteranno in vigore: "Il mio obiettivo è di cancellarle", ha detto la cancelliera, ma l'accordo di pace di Minsk resta "complicato". E poi, sui diritti umani, Merkel ha esortato Putin a tutelare i diritti degli omosessuali in Cecenia, dove la polizia ha arrestato e torturato decine di gay.

 

Nei giorni scorsi, la stampa russa ha speculato sulle reali aspettative di Putin per il bilaterale di Sochi, considerato che sulla carta i punti di attrito eccedono di gran lunga quelli di contatto. Secondo il quotidiano russo Nezavisimaya Gazeta, il Cremlino è alla ricerca di qualcuno in grado di fornire qualche informazione in più sulle reali intenzioni di politica estera del presidente americano Donald Trump e l'incontro con Merkel sarebbe stato preparatorio della telefonata programmata col presidente americano, prevista qualche ora dopo l'incontro con la cancelliera. Merkel, ricordano a Mosca, è appena tornata dal suo viaggio a Washington e ha anche ospitato a Berlino la figlia del presidente, Ivanka. Ma l'interesse di Putin è anche quello di mantenere la porta aperta alla Germania: "Il nostro obiettivo condiviso", ha detto il presidente russo, "è quello di normalizzare le nostre relazioni e di assicurarci che le difficoltà che abbiamo di fronte siano superate".

Ma al di là delle aspettative, è difficile che il Cremlino, sorpreso dalla politica estera iperattiva degli Stati Uniti, possa trovare nella Germania l'alleato necessario – o anche solo il confidente – per decifrare l'America di Trump. Merkel è tra i principali sostenitori delle sanzioni economiche alla Russia e oggi stesso, al termine del meeting, ha ribadito che le due principali questioni che complicano le relazioni tra Berlino e Mosca sono "l'annessione della Crimea e la destabilizzazione dell'Ucraina orientale da parte dei separatisti filo-russi". A impensierire la cancelliera c'è poi il sostegno offerto da Putin ai partiti populisti europei, come successo con quello tedesco dell'AfD, che nei mesi scorsi ha eroso parecchi voti ai cristiano-democratici. Merkel ha ribadito al presidente russo che l'Europa è più forte e coesa di quanto Putin creda e che i negoziati sulla Brexit – celebrata a Mosca come l'inizio della fine del progetto europeo – dimostreranno che l'Ue è pronta a fare blocco contro la minaccia nazionalista. Intanto, all'orizzonte c'è anche il voto federale di settembre. Dopo le accuse mosse contro i russi di avere interferito nel voto americano dello scorso anno, a Berlino si guarda con sospetto al rischio di altri tentativi di influenzare le elezioni in Germania del prossimo settembre. Di recente, l'intelligence tedesca ha già accusato Mosca di essere tra i maggiori indiziati dietro l'attacco hacker che ha colpito il Bundestag nel 2015. Ma Putin, anche oggi, ha respinto le accuse e in conferenza stampa ha detto che la storia delle interferenze russe nelle elezioni americane "è solo gossip" e che "non è mai stata provata". "Tutto quello che posso dire è che non ho paura", ha replicato, gelida, Merkel.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.