Donald Trump al lavoro nello Studio Ovale (foto LaPresse)

Una o due scommesse con il grande impostore. E' la politica, bellezza

Giuliano Ferrara

Contro l'aborto e contro l'islamismo jihadista qualcosa di utile può venire anche da Trump. Un problema per la chiesa di Papa Francesco

Si può fare un uso politico utile dell’impostura? Si può godere dei suoi vantaggi? Si può approvare questa o quella cosa che fa un astuto cialtrone disprezzandolo e considerandolo un incidente storico della democrazia americana? Theresa May ci sta provando, costretta dalla situazione in cui è la Brexit. Altri dovranno provarci, e anche a qualcuno di noi toccherà la sua pena.
Trump ha finanziato per anni le organizzazioni pro aborto, proprio quelle che considerano l’aborto un diritto e hanno sempre puntato sulla pianificazione riproduttiva come un aspetto della cultura eugenetica. Ora il suo vice Mike Pence parla alla marcia pro-life di Washington, dice le cose giuste, e il suo capo definanzia da presidente le stesse organizzazioni che ha sostenuto da cittadino e celebrity newyorkese del reality tv. Il presidente sa di essere debole. Ha molto da nascondere. Ha la stampa contro, per adesso solo Google ha piegato il capino, e dà ordine ai suoi scagnozzi di intimare il silenzio. Il suo narcisismo è paranoide, ma anche i paranoici hanno nemici. Non pubblica i documenti fiscali, la sua nasce come una presidenza in bilico tra legalità e illegalità, quanto alla legittimità, è il risultato del voto nel collegio elettorale, e non la si può negare, ma ha una notevole fragilità. E’ per questo che “mantiene le promesse” con evidenza molto concitata, in modo ossessivo, compulsivo, con i tempi della propaganda e non della politica istituzionale, organizza la sua minoranza di blocco per linee trasversali che gli garantiscano una piattaforma di difesa incentrata sull’uomo di fiducia del popolo che può essere attaccato, criticato e imbrigliato solo in nome di una congiura ultraliberal e la contrasta con i suoi rating. La sua radicalità è tutta qui, ma non è poca cosa. Nel loro cinismo benedetto i mercati scommettono sulla riduzione delle tasse e sulle infrastrutture, sullo stimolo territoriale alla domanda. Israele scommette, almeno nella sua componente maggioritaria, sulla fine di un isolamento che Obama aveva circoscritto lungo linee criminali culminate nella risoluzione onusiana contro gli insediamenti.

 

E noi scommettiamo sull’aborto, sul libertarismo conservatore ma non omicida di una nuova Corte suprema distante dall’idea assurda e pestifera di considerare l’aborto una questione di privacy personale, come nella Roe vs. Wade del 1973. E scommetteremo se possibile sul passaggio dalla riluttanza grottesca di Obama, nelle politiche di contrasto all’islamismo jihadista califfale, a un attivismo consegnato alle capaci mani di mad dog Mattis, il capo del Pentagono. Sono scommesse impegnative, patti col diavolo e con la menzogna impostora, la politica è fatta di questa stoffa, da sempre. Non è contraddittorio, ovviamente, distinguere cosa da cosa, effetto da effetto, effetti da cause e motivazioni le più sghembe e folli. Poi naturalmente bisogna vedere fino a che punto si riesce a credere alle buone conseguenze di una cattiva propaganda, alla famosa eterogenesi dei fini.

 

Il problema più serio si pone alla chiesa cattolica di Papa Francesco. Ha ballato un’estate misericordiosa all’insegna dell’incontro con il mondo inteso come ammasso di correttezze politiche e di buone intenzioni contraddette da cattive politiche. Questo mondo abbracciato con noncuranza teologica da un Papa di Roma che avrebbe dovuto temperare i suoi fini santi con la ragionevolezza gesuita piuttosto che con l’irruenza della teologia del popolo di stampo peronista ha generato per reazione l’altro mondo che trancia le sue verità con l’accetta della demagogia, che liquida certezze misericordiose con una spietata prevalenza dell’ego e delle sue voglie vendicative, ma deve fingere o promuovere radicalismo conservatore umanistico contro i pericoli che lo assediano. Ora la tigre è scappata dal circo e la chiesa si ritrova per strada senza difese. Il caso dell’aborto è tipico. Era stato derubricato polemicamente come una battaglia di retroguardia in un mondo incontraddittoriamente consegnato all’eugenetica, ecco che nelle curve dell’impostura si ripresenta il pro-lifer che ci crede. E spiazza. L’unico vero muro della nostra epoca è quello opposto a oltre un miliardo di non nati, e ora quel muro può crollare in mezzo alla retorica papale contro i muri di cemento. Un brutto affare che nasce da una buona notizia, il possibile uso utile e politico della grande impostura. Le imposture in certi casi si fronteggiano l’un l’altra e si elidono.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.