Il giuramento del premier spagnolo Mariano Rajoy (foto LaPresse)

Rajoy pensa al nuovo governo e ha un obiettivo: proteggere le riforme

Eugenio Cau
Il premier ha giurato per formare l'esecutivo, ma i socialisti promettono battaglia. I tre nomi chiave

Roma. Lunedì mattina, al palazzo reale della Zarzuela, Mariano Rajoy ha prestato giuramento come primo ministro della Spagna, e ha raggiunto così due primati: è il primo a giurare davanti al nuovo re Felipe VI e l’unico capo di governo di tutta l’Europa mediterranea a essere sopravvissuto quasi indenne alla Grande recessione ottenendo la riconferma. Questo ruolo di highlander della politica europea è costato caro alla Spagna: 315 giorni di paralisi istituzionale trascorsi senza un governo, terminati soltanto con il voto difficile di sabato sera, che ha consentito la formazione di un esecutivo di minoranza del Partito popolare (Pp) e ha visto lo storico Partito socialista (Psoe) autodistruggersi sull’astensione all’odiato Rajoy. Il neopremier si è dato tempo fino a giovedì per annunciare la nuova squadra di governo, e ha fatto sapere che per scegliere i nomi non si consulterà né con il Psoe (comprensibilmente) né con Ciudadanos, il partito centrista guidato da Albert Rivera che ha votato “sì” alla fiducia di sabato. Rajoy avrà bisogno di entrambe le formazioni politiche per approvare la legislazione, e per questo dentro al Pp chiedono a Rajoy di svecchiare una squadra di governo che fino a ora in buona parte ha condiviso con il premier antichi rapporti di fedeltà, l’età non freschissima e un approccio tecnocratico al potere. Il nuovo gabinetto del secondo esecutivo Rajoy, sperano gli analisti, sarà più giovane e soprattutto più politico, perché dovrà navigare in acque più difficili rispetto alla maggioranza assoluta alle Cortes di cui ha goduto fino alla fine dell’anno scorso.

 

I personaggi chiave intorno al nuovo governo sono tre: la vicepremier uscente Soraya Sáenz de Santamaría, braccio destro e ufficiale operativo a cui Rajoy ha dato competenze ampissime nello scorso esecutivo e che non vuole correre il rischio di perdere poteri; la segretaria generale del Pp, María Dolores de Cospedal, eminenza grigia nella destra spagnola che finalmente potrebbe entrare nell’esecutivo, e Luis de Guindos, il potente ministro dell’Economia uscente che è stato l’architetto delle riforme e che adesso vorrebbe ritagliarsi un ruolo di ancora maggiore rilievo, ma soffre di un’opposizione fortissima da più parti.

 

Il nuovo governo dovrà essere corazzato perché il Psoe, ha scritto il magazine Tiempo, sta preparando una “operazione inferno” per mettere in difficoltà Rajoy su ogni singolo provvedimento e farsi perdonare dai suoi elettori il voto di astensione. La sinistra spagnola è ancora in tumulto, con il segretario defenestrato il mese scorso e da pochi giorni deputato dimissionario, Pedro Sánchez, che in un’intervista domenica ha rilanciato la sua seconda candidatura alle primarie socialiste attaccando mezzo partito, il quale dopo aver consentito la governabilità della Spagna adesso faticherà a continuare a garantirla. Anche Albert Rivera, che pure è stato in questi mesi un alleato relativamente affidabile, inizierà a distaccarsi dalle politiche del premier per evitare che il suo movimento risulti completamente inglobato.

 

Il premier è ben consapevole della difficoltà del percorso di governo, e nel suo discorso di investitura si è espresso con una forza per lui inusuale. Se al momento del voto di fiducia Rajoy prometteva che lui non chiede “un assegno in bianco”, il giorno dopo, una volta eletto, il neo premier ha difeso con energia la necessità “di un governo che governi, non che sia governato” e ha messo in guardia sulla volontà, espressa da molti, di disfare le riforme di flessibilizzazione dell’economia che hanno consentiranno al pil spagnolo di crescere del 3,1 per cento quest’anno: “So che qualcuno vuole smontare le politiche che abbiamo approvato, ma per farlo dovrete scegliere qualcun altro per guidare il governo. Non tentate di impormi ciò che non posso accettare”, ha detto, aggiungendo in un altro passaggio: “Non sono disposto a distruggere quello che ho costruito, non si può pretendere che io tradisca il mio progetto”. Rajoy ha un’arma potente dalla sua parte: la minaccia di nuove elezioni, che per ora danneggerebbero tutti i partiti tranne il suo. Il primo obiettivo, adesso, è proteggere le riforme.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.