Barack Obama (foto LaPresse)

Il Congresso contro il veto di Obama non ha fatto un favore a Hillary

Più che su Riad, le conseguenze della decisione di Capitol Hill potrebbero farsi sentire sulle elezioni dell'8 novembre.

Barack Obama s’è imbestialito per il modo in cui il Congresso ha polverizzato il suo veto sulla legge che permetterà alle famiglie delle vittime dell’11 settembre di rivalersi sull’Arabia Saudita. Lo ha definito con sdegno un “voto politico” e un “grave errore”, e la fonte di tanta rabbia va cercata nel merito e nel metodo. Il merito: la legge, caldeggiata dalle famiglie delle vittime, è uno schiaffo a un alleato cruciale, peraltro mai colpito a livello istituzionale da nessuna commissione d’inchiesta sull’attacco alle Torri gemelle. Che tutte (o quasi) le strade del terrorismo islamico portino dalle parti di Riad non significa necessariamente che il governo saudita ne sia il mandante, e comunque un elementare senso di pragmatismo politico suggerisce di non avvelenare i rapporti con un partner mediorientale inevitabile. Il testo dice che i giudici americani potranno eventualmente ordinare sequestri e congelamenti di beni sauditi in America come risarcimento, e il regno ha già minacciato di ritirare i suoi investimenti, anche se l’operazione, in realtà, farebbe più male ai sauditi che agli americani.

 

Nel metodo, invece, Obama trova particolarmente indigesto il segnale politico che viene dal Congresso. E’ la prima volta in quasi otto anni che Capitol Hill scavalca un suo veto e il pessimo lavoro di pressione e raccordo sull’asse Casa Bianca-Congresso non trasmette certo il senso di unità e capacità di controllo di cui il presidente e i democratici hanno bisogno. Se alle elezioni di midterm di due anni fa lo sport preferito dai democratici era smarcarsi da Obama (una candidata al Senato lo diceva espressamente in uno spot: “Non sono Obama”) oggi la popolarità presidenziale è in rialzo, e la Casa Bianca non ha esitato a personalizzare lo scontro elettorale in corso, dipingendo Hillary come la candidata della perfetta continuità. La settimana elettorale migliore di Hillary è stata quella in cui si è presa una pausa, causa polmonite, e i coniugi Obama sono saliti in cattedra. Inciampare ora in un conflitto con il Congresso è un colpo alla legacy, all’eredità obamiana; ma l’eredità non riguarda solo il lustro del presidente uscente ed, eventualmente, i libri di storia. Riguarda le elezioni dell’8 novembre.