Boris Johnson alla convention dei conservatori inglesi (foto LaPresse)

Lo show di Boris Johnson

Paola Peduzzi
Il sindaco di Londra ha tenuto martedì uno dei suoi discorsi migliori alla convention dei Tory britannici a Manchester: c’è chi dice che è il migliore di sempre, c’è chi dice che è il migliore mai sentito a una convention

Il più applaudito è sempre lui: Boris Johnson. Divertente e divertito, il sindaco di Londra ha tenuto martedì uno dei suoi discorsi migliori alla convention dei Tory britannici a Manchester – c’è chi dice che è il migliore di sempre, c’è chi dice che è il migliore mai sentito a una convention: forse i fan esagerano, ma guardatelo, è bello (qui il testo) – parlando di tutto, dai suoi successi a Londra a quelli dei Tory a livello nazionale a quelli del capitalismo, così bistrattato altrove eppure valore fondante, secondo Johnson, della nostra cultura e della nostra società (i Tory “credono nell’utilizzo del capitalismo per garantire un progresso economico e sociale”).

 

Boris dice di aver capito che i conservatori avrebbero vinto le elezioni a maggio in un preciso momento: quando ha sentito i negozianti che gli dicevano che sarebbero passati dal Labour ai Tory perché Ed Miliband non era credibile sull’imprenditoria. “Quella notte ho mandato un messaggio al primo ministro – ha raccontato Boris – ‘Man, we are going to win this thing’”. Johnson ha sottolineato la “determinazione, la calma e la pazienza” di David Cameron, il premier inglese, ma questo non ha impedito ai commentatori di continuare a favoleggiare sulla possibile prossima guerra per la leadership che si combatterà dentro ai Tory. In realtà l’obiettivo di Johnson non è Cameron, ma George Osborne, il cancelliere dello Scacchiere con cui ha siglato un patto di non belligeranza ormai in scadenza: i due non si amano, Osborne gode di un consenso straordinario ma Johnson, come è noto, non teme nessuno quanto a riconoscibilità e popolarità. Così ha fatto dell’ironia su Osborne, ha detto che a livello nazionale i Tory stanno esportando il suo modello, quello di Londra, ha parlato di disuguaglianza e del fatto che bisogna lasciare intatta l’aspirazione di non essere poveri per sempre, investendo sui lavoratori che tanto fanno per l’economia del paese. Soprattutto ha insistito, con i suoi termini che non sono dissimili da quelli di Osborne ma sono più vivaci e più diretti, sull’ottimismo e sulla promessa fatta dai Tory: ci aspetta qualcosa di grande, e la gente ci vota per questo.

 

[**Video_box_2**]Boris Johnson si aspetta qualcosa di grande anche per se stesso, e tutti ieri dicevano che no, il sindaco di Londra non ha affatto messo da parte le sue ambizioni di diventare premier. Se si guarda l’ultima cover dello Spectator, pare che Johnson sia in fase calante, un mezzo cadavere con tanto di avvoltoio pronto a tuffarsi su di lui, ma a sentirlo sul palco di Manchester sembrava più agguerrito che mai (il direttore dello Spectator, Fraser Nelson, ha twittato: “Il discorso di Boris è superbo: si concentra sulla giustizia sociale, rivestendola con un vanto via l’altro. Compassione, senso dell’umorismo, ‘killer facts’. Spero che Cameron prenda nota”). Ed è anche piuttosto euroscettico, Johnson, dice che il patto con l’Europa deve essere chiaro e vantaggioso altrimenti è inutile restare insieme , e considerando che l’ “E-word” è il grande incubo di Cameron – che è al contempo negoziatore con Bruxelles e restio a diventare il leader che ha fatto uscire il Regno Unito dall’Ue – è facile immaginare come la questione europea aiuterà Boris a diventare grande.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi