La cancelliera tedesca Angela Merkel con il camice non visita un laboratorio scientifico, ma una fabbrica di orologi (foto LaPresse)

Perché la Germania senza Ogm è più debole

David Carretta
L'intenzione di Berlino di abbandonare le colture geneticamente modificate, dopo il nucleare e il fracking, mostra che la cancelliera Merkel ha punto un debole (forse interessato) davanti all'opinione pubblica.

Bruxelles. Dopo il nucleare, addio Organismi geneticamente modificati: la Germania di Angela Merkel, dicono indiscrezioni ben fondate, ha annunciato la sua intenzione di abbandonare le coltivazioni di Ogm, scegliendo l’opt-out introdotto dalla nuova regolamentazione europea del settore per superare le divergenze tra gli stati membri sulla libera circolazione delle sementi geneticamente modificate. Lo dice una lettera del ministro dell'Agricoltura, Christian Schmidt, indirizzata alcuni giorni fa ai governi dei Land tedeschi e svelata dalla Reuters. Berlino segue così la strada tracciata dalla Scozia, che all'inizio del mese ha chiesto di fare secessione dalla posizione del Regno Unito a favore delle coltivazioni ogm. E potrebbe anticipare le scelte di altri  governi europei – Francia, Austria e Italia sono tra i candidati – più attenti alle paure in gran parte irrazionali delle loro opinioni pubbliche che a produttività e scienza. Entro il 3 ottobre tutti gli stati membri dovranno informare la Commissione se vogliono l'opt-out che garantisce loro di proibire o limitare la coltivazione degli Ogm autorizzati dall'esecutivo comunitario. Il 24 aprile scorso, sulla base del giudizio dell'Efsa (l'Autorità europea per la sicurezza alimentare), la Commissione ha dato luce verde alla coltura di dieci nuovi Ogm da utilizzare nell'alimentazione umana o animale e ha rinnovato altre sette autorizzazioni.

 

Nei paesi membri che il 3 ottobre non avranno comunicato l'opt-out, grandi multinazionali o piccoli agricoltori saranno finalmente liberi di piantare le sementi geneticamente modificate che hanno l’approvazione di Efsa e Commissione. Concretamente, per la Germania non cambierà molto dopo la lettera di Schmidt. Nel 2009 Berlino era stata tra i primi a vietare il mais MON810 della Monsanto per l'ostilità della sua opinione pubblica. Nove dei sedici Land federali – tra cui 3 città-stato – avevano già firmato la Carta di Firenze che riunisce le regioni Ogm-Free. Dal 2012 non c'è alcuna coltivazione commerciale di Ogm, anche se erano state piantate alcune patate e barbabietole transgeniche (meno di un ettaro) per ragioni sperimentali. La multinazionale tedesca Basf aveva cercato di promuovere la sua patata Amflora – un tubero concepito per la produzione industriale di fecola da usare per carta, adesivo e tessile (insomma, niente con cui fare un puré) con notevole risparmio energetico (insomma, roba da ecologisti) – salvo incontrare una dura opposizione di ambientalisti e anti Ogm per la presenza di un gene resistente all'antibiotico. Nel 2013 la Germania ha anche abbandonato le coltivazioni sperimentali. Così Basf ha trasferito le sue attività di ricerca negli Stati Uniti.

 

Basf ha incontarto enormi difficoltà in Germania anche in un altro settore considerato chiave per il futuro: il fracking per estrarre shale gas. Nel 2014, la multinazionale tedesca ha annunciato investimenti per 1 miliardo di euro nella costruzione di un complesso di conversione dello shale negli Stati Uniti, dopo che il governo di Berlino ha di fatto vietato l'estrazione in Germania (divieto confermato con una nuova regolamentazione durissima proposta quest'anno dal governo Merkel). L'opinione pubblica ha anche dettato la politica nucleare, con la scelta improvvisa dell'uscita graduale compiuta da Merkel dopo l'incidente di Fukushima.

 

[**Video_box_2**]Alcuni vi intravvedono ragioni di opportunismo politico: l'inossidabile cancelliera cristianodemocratica, che vista la sua formazione in Fisica dovrebbe essere all'avanguardia sull'innovazione, sarebbe soprattutto interessata a una coalizione con i Verdi dopo le elezioni del settembre 2017. Ma altri, in particolare nel settore industriale, denunciano una Germania che si vuole campione mondiale della competitività, ma che è diventata ostaggio delle sue paure: più diventano ricchi e forti, più i tedeschi sembrano rigettare tecnologie e innovazioni, aumentando i costi per imprese e consumatori e mettendo a rischio il suo futuro economico. Secondo i calcoli effettuati da Bloomberg nel gennaio 2014, rinunciando al nucleare, Ogm e fracking dello shale, la Germania ha deciso di snobbare un mercato che vale 200 miliardi di dollari. "Se continuiamo a rigettare il rischio, porteremo la nostra società nella tomba", aveva commentato all'epoca Karl-Ludwig Key, l'amministratore delegato del colosso tedesco Merck, la più antica impresa chimica e farmaceutica al mondo.