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EDITORIALI

Il boom del lavoro imbarazza la Cgil

Redazione

La narrazione apocalittica alla prova della realtà fa cilecca. I dati Istat

I dati sull’occupazione segnalano un miglioramento graduale e costante. Anche dal punto di vista qualitativo cresce molto di più il lavoro stabile rispetto a quello a termine, anche l’occupazione femminile cresce un po’ più rapidamente di quella maschile e diminuiscono contemporaneamente i disoccupati e gli inattivi (il che è raro) perché cresce chi cerca lavoro e chi lo trova (il tasso di occupazione sale al 61,2% e rispetto a maggio 2022 diminuisce sia il numero di persone in cerca di lavoro, -4,8%, pari a -98mila unità, sia il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni).

Chi avesse ascoltato i comizi sindacali, da quelli del primo maggio in poi, invece si sarebbe fatto un quadro di un paese in cui il lavoro è in grave declino e quando c’è è precario. Quando la propaganda si allontana troppo dai dati della realtà risulta inefficace, come dimostra il fatto che la “mobilitazione generale” contro la legge sul lavoro non fa presa sui lavoratori, anche se Maurizio Landini (segretario della Cgil) continua a ripetere come un disco rotto che “non si esclude lo sciopero generale”. Sarebbe più razionale, per i sindacati, festeggiare i dati positivi, attribuendosi la loro parte di merito, che può essere rivendicata per il fatto di aver accompagnato la fase di aumento della produzione e del lavoro con una serie di accordi aziendali. Ma anche questo, che è un dato positivo, viene sostanzialmente occultato perché contrasta con la propaganda apocalittica. Sarebbe meglio stare ai dati della realtà, considerare i fattori di successo per consolidarli, il che non è affatto garantito senza un’opera intelligente sul piano delle relazioni sociali e dell’indirizzo politico. Se non vogliono ridursi a uffici dove si disbrigano le pratiche pensionistiche e fiscali, accompagnate da qualche sporadica fiammata di piazza riservata ai militanti, i sindacati debbono ricostruire il rapporto di rappresentanza con i lavoratori, che vivono nel mondo reale e non possono essere trattati come massa di manovra, anche perché accettano sempre meno questo ruolo.

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