Ansa

Botta e risposta

I nostri dati, le nostre idee sul Pnrr: tutto confermato

Tito Boeri e Roberto Perotti

“Solo una riga con un’imprecisione formale”. Boeri e Perotti rispondono alle critiche di Firpo sul loro libro “Pnrr: la grande abbuffata”

Nel commentare il nostro libro “Pnrr: la grande abbuffata”, Stefano Firpo, capo di gabinetto del ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale del governo Draghi, Vittorio Colao,  si concentra su una parte per trovarvi, a suo dire, numerose inesattezze o errori veri e propri che  minerebbero la credibilità non solo di quella parte, ma anche di tutto il resto del libro.  In realtà non c’è una riga del suo articolo che smentisca i nostri dati o falsifichi le nostre argomentazioni. In un libro di oltre 200 pagine con migliaia di numeri e nomi, Firpo riesce a trovare, come vedremo, solo una riga che soffre di una piccolissima imprecisione formale, ma che è corretta nella sostanza. 

 

In compenso il suo articolo è una sequenza di citazioni parziali o fuorvianti, di attribuzioni di intenti inventate, di insinuazioni senza fondamento, di affermazioni inesatte, e di dati fattualmente sbagliati.

Scrive Firpo che “l’intento [di Boeri e Perotti] è quello un po’ tafazziano di uccidere il Pnrr o meglio di suicidarci tutti tifando per il suo plateale fallimento bulimico”. Siamo alle solite: chi critica, anche con numeri e fatti, una iniziativa del governo (in questo caso il governo Draghi) è automaticamente bollato come un autolesionista, o peggio, come un traditore che tifa per il fallimento del proprio paese. Firpo dimostra di non riuscire a concepire che si possa criticare in modo costruttivo, come facciamo, l’operato di un governo (anzi, del “suo” governo) senza essere automaticamente autolesionisti e traditori della Patria. 


Firpo si sarebbe evitato l’imbarazzo che sicuramente prova rileggendo quelle sue due righe se avesse letto il nostro libro. Nella terza pagina dell’introduzione scriviamo che “Il Pnrr ha molti aspetti positivi: si basa su strumenti per l’emissione di debito a livello europeo, affronta alcuni problemi annosi e alcune carenze evidenti del nostro paese, e lo fa introducendo un approccio rigoroso con tempi e modi ben scanditi…”.

Secondo Firpo il nostro libro letteralmente demolisce alcuni importanti progetti bandiera del Pnrr: “la riforma degli Its il progetto Scuola 4.0 e i programmi sugli asili, la digitalizzazione della PA, la giustizia, il progetto Gol teso a migliorare le politiche attive del lavoro, l’assistenza sanitaria territoriale e di prossimità, gli studentati universitari, le iniziative sul turismo”.  In realtà non abbiamo trovato niente di buono da scrivere sul progetto Gol e sulle iniziative sul turismo; le nostre conclusioni sugli altri progetti citati sono più sfumate. Ovviamente si può dissentire dalle nostre conclusioni, ma è troppo chiedere di leggere prima attentamente come ci siamo arrivati?  

In ciascuno di questi casi abbiamo ricostruito minuziosamente dati, dibattito, passaggi legislativi, attuazione, basandoci su interviste con decine di esperti (molti dei quali hanno partecipato alla scrittura del Pnrr) e su centinaia di documenti governativi e non (come quelli, per esempio, dell’Ufficio parlamentare di bilancio), tutti rigorosamente citati. E non siamo mai stati smentiti su questioni fattuali. 

Ma vediamo le critiche specifiche di Firpo, che riguardano una parte molto piccola del libro, la digitalizzazione della PA. Vediamo dove avremmo sbagliato. Il lettore ci scuserà se ci dilunghiamo in una esegesi un po’ minuziosa, ma in casi come questo è un esercizio necessario per fugare ogni dubbio.



I dati sulla digitalizzazione

Scrive Firpo che “per gli autori il denaro che il Pnrr investe sul digitale è eccessivo. Ora fra digitalizzazione della PA e piano Banda ultra larga (Bul), il Pnrr mette a disposizione poco più di 12 miliardi, una cifra quasi perfettamente allineata a quella di Francia e Germania. Gli autori sballano completamente i numeri inserendo fra i progetti di digitalizzazione della PA cose che non c’entrano nulla (e non considerando cose che c’entrano molto come la sanità digitale) e addirittura tirano fuori da non so quale cappello una cifra doppia sul Piano Banda ultra larga parlando di 12,6 mld investiti quando in realtà la cifra messa a piano è poco meno della metà“.

Confermiamo tutti i numeri citati. Firpo confonde la spesa per digitalizzazione con le sole voci di digitalizzazione della PA e del Piano Banda ultralarga. Eppure le sole componenti M1C1 e M2C2 della Missione 1 del Pnrr (“Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA” e ““Digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo”) cubano quasi 35 miliardi. Del resto basta fare quattro conti: le regole del Recovery Fund impongono di stanziare almeno il 20 percento in digitalizzazione. Ora il 20 percento di 192 miliardi sono 38 miliardi, più del triplo dei 12 miliardi citati da Firpo.


Inoltre, i dati da noi citati sono utilizzati nel contesto di un confronto internazionale con Francia e Germania. I Pnrr dei vari paesi non sono omogenei, e per fare un confronto vanno riclassificati in categorie ben definite ed omogenee. Firpo ci scuserà se non ci siamo letti nel dettaglio tutti i Pnrr di tutti i paesi europei, e per fare un confronto (come scritto nel libro ma convenientemente omesso da Firpo) ci siamo invece affidati ai dati compilati da Bruegel, il centro di ricerca di questioni europee oggi maggiormente accreditato, spesso utilizzato dalla Commissione stessa per fare analisi, calcoli e confronti. Per consentire un confronto tra i vari paesi dell’Unione, Bruegel riclassifica i dati dei vari Pnrr  secondo le categorie citate nel libro. La categoria  “banda larga” (“broadband”) ammonta complessivamente a 12,6 miliardi, la cifra  che citiamo nel libro e che Firpo ci imputa di “tirare fuori da non so quale cappello”.  

Firpo afferma poi che i 12 miliardi per digitalizzazione PA e banda ultralarga (secondo i suoi calcoli errati) sarebbero “perfettamente in linea con Francia e Germania”.  Anche questa affermazione è errata. Per queste due voci nei rispettivi Pnrr la Germania ha speso 10 miliardi, la Francia 3. Se invece Firpo si riferiva alla spesa totale, inclusa quella all’infuori del Pnrr, allora deve riportare la spesa totale negli ultimi venti anni, stando attento a comparare mele con mele e pere con pere: fare paragoni tra spicchi di spesa diversi in periodi diversi nei tre paesi non ci dà nessuna informazione. E magari sarebbe anche utile ricordarsi che la Germania ha un Pil che è esattamente il doppio di quello italiano.  (per AppIO e gare si veda la versione on line)


La Piattaforma per le notifiche digitali

Infine la Piattaforma per le notifiche digitali. Firpo scrive che, contrariamente a quanto sosteniamo, la piattaforma notifiche digitali non è stata affidata a Poste Italiane ma a PagoPa.  Su questo punto ha formalmente ragione, ma sostanzialmente torto. L’articolo 26 del DL 76/2020, che istituisce la “Piattaforma per la notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione” recita al comma 19 “(...)La società di cui al primo periodo (PagoPA, nota di TB e RP) affida, in tutto o in parte, lo sviluppo della piattaforma al fornitore del servizio universale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, (Poste Italiane, nota di TB e RP) anche attraverso il riuso dell’infrastruttura tecnologica esistente di proprietà del suddetto fornitore.” Inoltre, il 16 giugno 2023 è stato pubblicato l’esito della Gara europea a procedura aperta per l’affidamento dei Servizi postali e dei servizi “a valle” del recapito connessi alla Piattaforma notifiche digitali degli atti pubblici (PN). La gara è stata vinta da Poste Italiane.

Firpo scrive inoltre che i “2 euro di costo per notifica remunerano il servizio e l’ente notificatore, cosa che per moltissimi cittadini rappresenta un significativo risparmio rispetto ai costi attuali di notificazione cartacea via raccomandata (che possono variare dai 7 fino a 15 euro). “Ovviamente la piattaforma va a competere con la  Pec, non con la  raccomandata cartacea. E due euro per una Pec alternativa sono tanti: come scriviamo nel libro, due euro per notifica “sono una cifra molto alta dati i costi per singolo invio, vicini allo zero”.

Se qualcuno ha dubbi che la Pec non sia utilizzata, ricordiamo che secondo l’agenzia per l’Italia Digitale nel 2022 sono stati inviati 3 miliardi di messaggi Pec, con 14,5 milioni di caselle Pec attive. E ricordiamo che la Pec non potrà sparire, perché per regolamento Ue  dovrà diventare europea. Quindi la Piattaforma notifiche digitali non sostituirà la Pec, ma aggiungerà un servizio costoso a un servizio che esiste già ed è molto utilizzato.

Inoltre nel libro solleviamo un problema che Firpo non menziona: la Piattaforma delle notifiche digitali  “crea inoltre un disallineamento fra i tempi di certificazione della notifica delle amministrazioni pubbliche e quelli dei cittadini. Per le amministrazioni pubbliche i termini della notifica, tipicamente 5 giorni, scattano dal momento della presa in carico di Poste Italiane. Per i cittadini, invece, dal momento dell’avvenuta ricezione del destinatario. Si apre lo spazio al contenzioso”.  

Terminiamo come abbiamo iniziato. Oggi si parla molto dei ritardi e dei problemi di attuazione del Pnrr. E’ facile parlarne perché sono sotto gli occhi di tutti. Ma al di là dei ritardi e dei problemi di attuazione, veramente tutti coloro che hanno esibito una reazione pavloviana al nostro libro, difendendo il Pnrr a spada tratta e a prescindere, non hanno alcun dubbio sulle priorità di spesa incorporate nel Pnrr? Veramente pensano che tutti i 240 miliardi del Pnrr siano stati programmati nel modo migliore possibile? Noi lo troviamo implausibile, e sappiamo di non essere i soli, a giudicare da quanti difensori a oltranza del Pnrr ci hanno confessato, in privato, di non essere d’accordo con tante sue parti.  

 

Di più su questi argomenti: