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l'analisi

Non sparate sul Pnrr: per digitale e servizi funziona

Stefano Firpo

Governance sgangherata, tanti obiettivi irrealizzabili: Boeri e Perotti demoliscono il Piano. Le loro critiche però sono esagerate

Tito Boeri e Roberto Perotti hanno scritto un libro smargiasso. A partire dal titolo “Pnrr, la grande abbuffata”. L’intento è quello di demolire l’intero impianto del Piano: un piano considerato troppo grande, costruito troppo in fretta, con un sistema di governance sgangherata, pieno zeppo di obiettivi irrealistici, del tutto incapace di migliorare la capacità di spesa della pubblica amministrazione, privo di adeguati sistemi di monitoraggio e rendicontazione che riducono le possibilità di controllo sostanziale e impediscono ogni serio e documentato dibattito anche a causa di una comunicazione fuorviante e retorica. 
Vengono presi in considerazione e letteralmente demoliti uno dopo l’altro alcuni importanti progetti “bandiera” del Pnrr: la riforma degli Its il progetto Scuola 4.0 e i programmi sugli asili, la digitalizzazione della PA, la giustizia, il progetto Gol teso a migliorare le politiche attive del lavoro, l’assistenza sanitaria territoriale e di prossimità, gli studentati universitari, le iniziative sul turismo. Giusto per citare quelli su cui le critiche si fanno davvero pesanti.

 

Come nel celebre film di Marco Ferreri “La Grande Bouffe”, l’intento degli autori è quello un po’ tafazziano di uccidere il Pnrr o meglio di suicidarci tutti tifando per il suo plateale fallimento bulimico. Ora proprio su queste pagine il sottoscritto e Assonime hanno mosso non poche critiche al Pnrr. Ci è infatti chiaro che un piano di una tale mole e ambizione viva di sterminati problemi nel suo percorso attuativo e necessiti di una costante e qualificata attenzione politica e amministrativa per la sua corretta e tempestiva esecuzione, ma non per questo ci sentiamo di unirci ad un coro di disfattismo.
 

 

sono preso la briga di esaminare le osservazioni e valutazioni ad uno dei progetti severamente criticati dagli autori: la digitalizzazione della PA. Un progetto che conosco bene e che sento anche un po’ mio essendo stato capo di gabinetto del Ministro che aveva la responsabilità della conduzione di tale componente della Missione 1 del Pnrr.

Prima osservazione, per gli autori il denaro che il Pnrr investe sul digitale è eccessivo. Ora fra digitalizzazione della PA e piano Banda ultra larga (Bul), il Pnrr mette a disposizione poco più di 12 miliardi, una cifra quasi perfettamente allineata a quella di Francia e Germania. Gli autori sballano completamente i numeri inserendo fra i progetti di digitalizzazione della PA cose che non c’entrano nulla (e non considerando cose che c’entrano molto come la sanità digitale) e addirittura tirano fuori da non so quale cappello una cifra doppia sul Piano Banda ultra larga parlando di 12,6 mld investiti quando in realtà la cifra messa a piano è poco meno della metà. 

 

Seconda osservazione, la “fretta di spendere ha portato ad un approccio dirigista con grandi gare nazionali” che mal si adattano ai progetti di digitalizzazione. Ora sui progetti di digitalizzazione della PA è stata bandita una sola gara a livello nazionale, quella sul Polo strategico nazionale, per individuare il fornitore di servizi cloud per dati considerati dall’Agenzia sulla Cybersecurity sensibili per la sicurezza nazionale, tutto il resto ovvero come spendere gli oltre 5 miliardi sui 6 disponibili per migliorare i servizi digitali della PA sono lasciati alla libera scelta di mercato da parte di Comuni ed enti locali. Sulla Bul le gare sono state fatti a lotti macroregionali per sfruttare, come nel passato, le economie di scala tipiche di una infrastruttura di rete.
Seconda serie di osservazioni. La Piattaforma nazionale dati (Pdnd), ovvero il sistema che potrà garantire l’interoperabilità fra le banche dati della PA “non è stata realizzata” e rischia di non esserlo mai. La Piattaforma delle notifiche digitali è del tutto inutile, o meglio “non se ne avverte la necessità”. La AppIO è “irrealizzabile” e una “rapida inchiesta non scientifica fra le nostre conoscenze” ha rivelato ai due autori - che sono emeriti economisti dell’Università Bocconi esperti di indagini econometriche – che è poco scaricata e “spesso disinstallata”. 

Ora la realtà è un po’ diversa. Facciamo un po’ di luce punto per punto. 

La Pdnd già oggi è stata in parte realizzata e consente una prima interoperabilità fra alcune PA (ministero degli Interni, Agenzia delle Entrate, Inps, ministero dell’Università, Anac, Consip), permettendo a qualunque pubblica amministrazione la verifica dei dati Isee, dei dati sui titoli di studio, dei dati anagrafici, di partita Iva, del DURC e del codice fiscale. L’interoperabilità dei backend della PA è fondamentale non solo per avere servizi digitali di front end che semplificano la vita dei cittadini ma anche per dare servizi di adeguata verifica anche a soggetti privati come banche e assicurazioni. La Piattaforma notifiche è uno strumento cruciale per dare ai cittadini un domicilio digitale in cui ricevere le comunicazioni e le notifiche della PA, migliorando i sistemi di riscossione e riducendo per centinaia di milioni di euro il contenzioso sulle mancate notifiche e i costi di notificazione.  La piattaforma - giusto per ricordarlo agli autori - non è stata affidata a Poste come sostenuto ma a PagoPA e i 2 euro di costo per notifica remunerano il servizio e l’ente notificatore, cosa che per moltissimi cittadini rappresenta un significativo risparmio rispetto ai costi attuali di notificazione cartacea via raccomandata (che possono variare dai 7 fino a 15 euro). 

 

Non voglio poi spingermi a contraddire evidenze aneddotiche raccolte dagli autori sul valore e l’utilità di poter accedere a molti servizi della PA tramite AppIO fruibile su smartphone in mobilità ma il numero di utenti (scaricata da 35 milioni di persone dotate di identità digitale e utilizzata da oltre 6 milioni di utenti ogni mese!) e il numero di servizi disponibili sembrano produrre un’evidenza ben più solida delle dicerie fra famigli e amici. Gli autori invece non menzionano ulteriori evidenze su un altro grande progetto di digitalizzazione, ovvero quello sul Fascicolo sanitario elettronico, che sta dando ottimi risultati. Identità digitale, wallet digitale come evoluzione di AppIO e sanità digitale sono progetti europei su cui l’Italia può oggi giocare un ruolo di leader proprio grazie ai fondi del Pnrr.
Spiace vedere critiche così grossolane, basate su dati approssimativi per non dire fasulli, giudizi apodittici e evidenze aneddotiche da parte di due rispettati economisti. Non sono sufficientemente esperto per analizzare critiche simili mosse sui molti altri progetti del Pnrr presi in considerazione nel libro e spero che le tante persone che hanno lavorato a progetti così severamente messi in discussione facciano sentire le loro controdeduzioni, ne potrebbe scaturire un dibattito meno svilente e più costruttivo. 

 

Certo su una cosa i due autori hanno sacrosanta ragione: il livello di rendicontazione e trasparenza sul Pnrr è davvero insufficiente e troppo lacunoso per consentire un dibattito informato e adeguate analisi di impatto delle policy. Economisti, stampa, istituzioni deputate al controllo dovrebbero farsi portatori di una forte istanza su questo punto: non è accettabile che poco o nulla si sappia sul reale stato di avanzamento di un così importante progetto di investimenti per il nostro paese.

Stefano Firpo
direttore Assonime

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