editoriali

Il Mes non porta pena

Redazione

La logica che manca all’ex ambasciatrice Basile quando parla di crisi del debito

La logora saga del Mes sta facendo emergere le tare ideologiche, e soprattutto logiche, di buona parte dello spettro politico e dei commentatori. Sul Fatto quotidiano l’ex diplomatica Elena Basile, nota per l’atteggiamento ostile verso l’Ucraina e  dialogante con Putin, uscendo dal perimetro del suo abituale ambito, se l’è presa con il ministro degli Esteri Antonio Tajani perché difende il Mes”  dicendo che la ratifica non necessariamente implica l’utilizzo. “Non è così, ministro, lei non può non saperlo. Nessuno stato europeo è minacciato dal Mes quanto l’Italia”, dice Basile. Perché a differenza di altri paesi ad alto debito che non avranno mai problemi a finanziarsi sui mercati, “Siamo noi, signor ministro, che realisticamente in caso di crisi avremmo problemi a reperire i capitali e saremmo obbligati a utilizzare uno strumento che è un’arma in grado di strangolare la nostra economia”.

  

Come dire, siccome nel condominio europeo il nostro appartamento è quello a più alto rischio di incendio, bisogna evitare di installare un sistema antincendio perché potremmo essere costretti a usarlo. L’alternativa, eppure non dovrebbe essere difficile da comprendere, è peggiore. A parte il fatto che l’Italia resterebbe nel Mes anche qualora non ne ratificasse la riforma, quindi con lo stesso identico “rischio” di usarlo. Cosa succederebbe all’Italia – se il Mes non esistesse – in caso di crisi tale da perdere l’accesso ai mercati? Un’opzione è chiedere assistenza all’Fmi, che però pretende condizioni simili se non più stringenti del Mes. Escludendo per analogia questa ipotesi, non resta che un default. Che vuol dire in prima istanza un haircut del debito, ovvero colpire i creditori (famiglie e banche italiane), e in seconda battuta – non avendo accesso ai mercati – una forte stretta fiscale per arrivare  al pareggio di bilancio (stile Milei in Argentina). L’extrema ratio è l’uscita dall’euro per stampare moneta e coprire il disavanzo attraverso la tassa dell’inflazione (stile Argentina pre Milei). O forse potremmo chiedere aiuto a Putin, chissà cosa ne pensa la Basile.

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