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L'eredità

Come non perdere lo spirito di quartiere e comunità. Idee dal Festival di Torino

Mariarosaria Marchesano

La scala delle priorità è in continua evoluzione. Se contrastare l’inquinamento era fino a ieri la priorità assoluta, dopo il Covid è diventato urgente anche contenere la tendenza allo spopolamento e garantire più sicurezza e vivibilità

Chissà cosa direbbe Patrick Geddes, considerato uno dei padri dell’urbanistica moderna, “architetto di paesaggio”, come amava definirsi, nel vedere la “sua” Tel Aviv minacciata dai missili di Hamas e a sua volta resa base militare per bombardare Gaza. Lui che, di origini scozzesi, ha disegnato la città israeliana nel 1925 con l’idea che gli edifici e gli alberi hanno uguale importanza. In una lettera ai figli spiegò che il giardino non è solo il luogo in cui si impara la vita, ma il luogo che ci aiuta a progettare le nostre future azioni in modo responsabile. Geddes credeva in una “educazione per la pace”, affinché i giovani crescendo potessero “go anywhere and do anything”, andare ovunque e fare ogni cosa, ma soprattutto “to know where they were, and how to make the best of it”, sapere dove si trovano e come fare del proprio meglio.

Un’eredità molto viva nei progettisti di oggi e non è un caso che la sua figura venga celebrata all’ingresso di “Utopian Hours”, il festival internazionale delle città in corso fino a domenica alla Nuvola Lavazza Torino, disegnata da Cino Zucchi. La rassegna, giunta alla settima edizione (quest’anno viene lanciato un manifesto per un “nuovo city making”) e promossa da Stratosferica, società fondata da Luca Ballarini e Giacomo Biraghi (direttore e presidente) è oggi uno dei laboratori di idee più vivaci e seguiti da architetti, urbanisti, visionari di tutto il mondo ma anche da enti pubblici e istituzioni, come per esempio il Demanio e la Fondazione Cariplo, che a vario titolo sono coinvolti nel compito di reinventare le città attraversate da grandi processi di trasformazione. La scala delle priorità è in continua evoluzione, se contrastare l’inquinamento era fino a ieri la priorità assoluta, dopo il Covid è diventato urgente anche contenere la tendenza allo spopolamento e garantire più sicurezza e vivibilità. “I diritti umani e dei bambini soprattutto devono essere messi al primo posto nell’immaginare come devono essere le città del futuro”, dice al Foglio Bram Dewolfs, co-fondatore e presidente di Urban Foxes, letteralmente “volpi urbane”, un progetto che, partito da Bruxelles, ha fatto scuola in Europa per il suo spirito “disobbediente” e “combattente” volto a riconquistare porzioni delle città riservate alle auto.

Dewolfs dice di vedere tre rischi per la sopravvivenza delle aree urbane; la crescita incontrollata agli affitti brevi, che stanno facendo lievitare i prezzi immobiliari emarginando soprattutto i giovani, il lavoro a distanza che produce la stessa spinta allo spopolamento e il crescente numero di macchine che inquinano e occupano spazi pubblici. “Prendiamo ad esempio Torino – dice – ci sono 775 auto per ogni mille abitanti e allo stesso tempo muore per ragioni dovute all’inquinamento una persona ogni 15 minuti. Torino è per molti versi la città perfetta, per dimensione, paesaggio, cultura, ma se ti guardi intorno vedi madri con i bimbi in carrozzina che faticano ad attraversare le strade e piste ciclabili striminzite. Ma è la tendenza di molte città e sarà così finché non si impara a pensare in modo diverso investendo sufficienti energie e tempo per cambiare le cose”. Qualche passo in avanti il capoluogo piemontese, però, lo sta facendo.

Grazie a Stratosferica, è l’unica città italiana entrata a far parte del network globale di “City4forest”, che cerca di rendere compatibile l’evoluzione delle metropoli con modelli di produzione sostenibili di aree del mondo in via di sviluppo (il legno del Gabon sta arredando e rivitalizzando, per esempio, lo spazio di via Farini, in pieno centro, che fa da spartitraffico a una strada a scorrimento veloce). “Prendersi cura delle città è necessario per contrastare un rischio che vedo particolarmente alto in Italia che è quello della sostituzione dei cittadini con i turisti”, spiega Scott Francisco di City4Forest. Anche lei ce l’ha con Airbnb? “Dico solo che bisogna stare attenti a preservare la vita di quartiere e il senso di comunità. Trasformare le vostre città d’arte in un concentrato di case vacanza può minarne l’identità e la bellezza”.

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