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Il caso

Perché sul deficit Giorgetti più che Bruxelles teme i mercati

Mariarosaria Marchesano

Il giorno in cui l’Ocse taglia le stime di crescita dell’Italia allo 0,8 per cento per il 2023 e per il 2024, il ministro dell’Economia dice che la cosa che gli fa più paura non è la Commissione europea ma la valutazione dei mercati che comprano il debito pubblico

Non sarà una coincidenza se nel giorno in cui l’Ocse ha tagliato le stime di crescita dell’Italia allo 0,8 per cento per il 2023 e per il 2024, Giancarlo Giorgetti ha detto in un convegno che la cosa che gli fa più paura, come ministro dell’Economia, non è la Commissione europea ma la valutazione dei mercati che comprano il debito pubblico. In effetti, per quanto il governo Meloni si stia sforzando di aumentare la quota di titoli di stato nelle mani delle famiglie italiane, la percentuale raggiunta (alcune stime parlano del 14-15 per cento) è di gran lunga minoritaria a quella detenuta dagli investitori. E questi ultimi sono soggetti abituati a guardare la tenuta dei conti pubblici prima di fare shopping di debito sovrano. Così Giorgetti ricorda che il Parlamento presto sarà chiamato ad approvare il “numeretto” di deficit da presentare in Europa e si augura che sia “ragionevole”, che vuol dire compatibile con il debito pubblico.

Ora, con una crescita del pil prevista in ribasso (non solo dall’Ocse) rispetto alle previsioni che superavano l’1 per cento prima della brusca frenata del terzo trimestre, il rapporto tra deficit e pil tende ad aumentare. Per quest’anno il Def prospetta un disavanzo del 4,5 per cento, ma già circolano le stime di alcune banche d’affari, per esempio Barclays, che vede il rapporto salire al 5 per cento con una tendenza al rialzo per il prossimo esercizio. Per Barclays, il deficit di cassa è insolitamente elevato e il rischio che cresca ancora deriva “da misure fiscali potenzialmente non finanziate”, ma ritiene che alla fine il governo sceglierà “un approccio prudente e identificherà compensazioni sufficienti oppure rinuncerà ad alcune delle sue promesse”. E’ solo un assaggio di quel che pensano i mercati temuti da Giorgetti. 

Il rialzo dello spread di queste settimane dovuto all’aumento dei tassi della Bce ha già portato il rendimento dei Btp al 4,5 per cento, con una spesa aggiuntiva per interessi di 14-15 miliardi rispetto allo scorso anno. Se non si fa attenzione a quel “numeretto”, Giorgetti e l’Italia avranno di che preoccuparsi.