i fondi europei

Funziona l'asse Meloni-Ursula: via libera alla terza rata del Pnrr (senza 500 milioni). E anche alla quarta

Simone Canettieri

“L’interlocuzione approfondita”, come la chiamano a Palazzo Chigi, ha funzionato. Se si sommano la terza e la quarta rata alla fine il bottino resterà invariato: 34 miliardi di euro

Eppur si muove. “L’interlocuzione approfondita”, come la chiamano a Palazzo Chigi, ha prodotto il seguente risultato: il Pnrr si sblocca, c’è l’accordo con la Commissione europea per la terza rata da 18,5 miliardi di euro. Si perdono per strada, per il momento, 519 milioni di euro per i mancati obiettivi centrati sui nuovi posti letto negli studentati. “Colpa non nostra, ma del governo Draghi”, spiega, a chi glielo chiede, Raffaele Fitto, ministro con delega alla grande partita dei fondi europei. Il mezzo miliardo, secondo gli accordi con Bruxelles, rientrerà nella quarta rata che così diventerà di 16,5 miliardi. Arrivando così a 34 miliardi, bottino invariato se si sommano i soldi previsti per la terza e la quarta rata. Le risorse non cambiano.

 

Il commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni parla di “buona intesa” e si mette in saccoccia le critiche che gli sono piovute addosso nei giorni scorsi da Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla presidenza di Palazzo Chigi, con la licenza di sparare su Bruxelles. Porta a casa un risultato che ritiene positivo anche Giorgia Meloni, forse frutto, tra le altre cose, del rapporto più che buono creato con Ursula von der Leyen, ultimamente molto frequentata nelle varie missioni in Tunisia e che domenica è attesa a Roma.

 

Dopo due mesi di trattative, tempo perso per il Pd visto l’esito dei 500 milioni, la terza rata si avvicina: dovrebbe essere saldata nelle prossime settimane, e la quarta entro il 2023 (ma ci credono in pochi). Di fatto l’intransigenza dei tecnici della Commissione abbastanza terrorizzati dalla possibile mannaia della Corte dei conti europea davanti a obiettivi non centrati a dovere è stata comunque superata. C’è chi dice, dalle parti di Palazzo Berlaymont, che Ursula non sia stata intransigente con l’Italia guardando magari a un bis, con la non ostilità della leader dei conservatori che è appunto anche la premier.

 

Il Pd con Elly Schlein, ma anche il resto dell’opposizione a partire da Giuseppe Conte e dal Terzo polo, fa suonare le trombe di Gerico contro il governo per il mezzo miliardo che al momento non si vedrà e per la mancata attenzione nei confronti dei nuovi alloggi universitari (se ne chiedevano 7.500). Obiettivo rimandato. Ma grande paura, seppur con un ritardo, superata. Come alla fine fa capire Fitto al termine della cabina di regia convocata a Palazzo Chigi con tutti i ministri e la premier. Questa modifica a uno dei 55 obiettivi della terza rata si aggiunge a quelle già decise sul Bosco dello Sport di Venezia e sulla ristrutturazione dello stadio di Firenze, espunti dai progetti europei. Il confronto sulla terza rata va infatti avanti dalla primavera, perché la verifica dei 55 obiettivi che l’Italia doveva completare entro dicembre 2022 è stata più complicata del previsto.

 

Una “sfida particolarmente complessa”, dicono dal governo che quando si è insediato aveva ancora “30 obiettivi da raggiungere entro fine anno, e tutti hanno richiesto interventi legislativi”. Insomma, si cercano giustificazioni, si criticano  i frenatori e si guarda comunque il bicchiere più che pieno dalle parti di Meloni-Fitto. E intanto Bruxelles lavora anche alle 10 modifiche proposte  sui 27 obiettivi della quarta rata,  che non dovrebbero presentare problemi.

 

Tuttavia in un giorno comunque buono ecco la stoccata della Commissione sull’abuso d’ufficio che il governo vuole abolire: “Queste modifiche proposte depenalizzerebbero importanti forme di corruzione e potrebbero avere un impatto sull'efficace individuazione e lotta alla corruzione”. E qui si apre un’altra vertenza sull’asse governo-Ue, passando da un preoccupato Quirinale.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.