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I ritardi nella scrittura del Pniec mostrano tutti i problemi della strategia Ue

Redazione

Il bla-bla su clima e transizione. In teoria la bozza del piano dovrebbe essere presentata a Bruxelles entro giugno, con l’obiettivo di adottarne la versione finale a giugno 2024. In pratica, al netto di ulteriori ritardi, ci saranno voluti quasi cinque anni per concordare il contenuto di un documento pdf: poco meno del tempo che ci separa dal 2030

Sabato scorso il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase) ha aperto una consultazione pubblica sull’aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec). Si tratta del primo passo per l’adeguamento del piano, risalente a dicembre 2019, ai nuovi obiettivi del pacchetto europeo “Fit for 55”, che alza dal 40 al 55 per cento il taglio delle emissioni previsto entro il 2030. Quella del Mase è, in principio, un’iniziativa lodevole, ma illustra anche perché la politica ambientale europea (e la sua attuazione italiana) rischia di rivelarsi assai complessa. La ragione è semplice: i tempi. Il 55 per cento è stato lanciato dalla Commissione nel 2020. E’ stato formalmente approvato solo alla fine dell’anno scorso. In teoria la bozza del nuovo Pniec dovrebbe essere presentata a Bruxelles entro giugno, con l’obiettivo di adottarne la versione finale a giugno 2024. In pratica, al netto di ulteriori ritardi, ci saranno voluti quasi cinque anni per concordare il contenuto di un documento pdf: poco meno del tempo che ci separa dal 2030.

E’ davvero credibile che il tempo concesso ai privati per mettere pale, pannelli, cappotti agli edifici, reti e infrastrutture sia pressoché lo stesso che i governi hanno preteso per disegnare grafici e tabelle?

C’è di più. La consultazione del Mase, che è uno strumento essenziale per acquisire informazioni e input che solo gli operatori possiedono, dura meno di tre settimane: ci saranno sicuramente altre occasioni di coinvolgimento, ma la sproporzione tra i tempi della chiacchiera e quelli dell’ascolto di chi poi dovrà fare le cose (dagli individui alle imprese) dice moltissimo sul modo in cui questi Gosplan vengono redatti. Quando si afferma che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel modo in cui l’Europa sta affrontando l’imperativo della transizione ecologica ci si riferisce esattamente a questo: non ci si può stupire dell’esasperazione degli attivisti, se si assorbono tempo e risorse enormi nel bla-bla, comprimendo e snobbando le difficoltà dell’attuazione.