Il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto (Ansa)

Le pulci al Pnrr

Tamponare i ritardi del Piano europeo. Idee per farcela

I guai sui finanziamenti di Bruxelles non si risolvono con gli assumifici e gli svuota cassetti. Appunti di Assonime su come far funzionare il decreto sulla nuova governance voluto da Fitto

Finalmente il decreto sulla nuova governance del Pnrr è legge. Ora bisogna far funzionare la nuova “macchina” del Pnrr voluta del ministro Fitto. Sei mesi di attesa per questo cambiamento non hanno aiutato a mantenere quel quotidiano presidio sull’execution dei progetti da parte delle amministrazioni responsabili e dei diversi soggetti attuatori. Molte figure professionali nelle strutture di missione hanno trovato impieghi più remunerativi e sicuri, l’introduzione dello spoils  system per i responsabili di queste strutture, anche laddove non si è tradotta in un cambiamento al vertice, ha comunque creato incertezza e minore focalizzazione. Le sfide del nuovo assetto di governance non sono poche: occorrerà capire se la struttura di coordinamento, d’ora in avanti incentrata nel dipartimento delle politiche europee, potrà esercitare su ministeri e stazioni appaltanti la stessa autorevole pressione sull’execution dei progetti al posto della Ragioneria generale dello stato. Finora non sembra essere avvenuto. Il ritardo del governo nella presentazione della annunciata relazione sullo stato di avanzamento dei progetti non aiuta a essere ottimisti su questo fronte. Provengono sempre più notizie di ritardi, omissioni, mancanze da parte della complessa catena dei centri di responsabilità sia a livello centrale sia a livello locale. A giugno scadono 20 milestones intermedi e ben 7 target finali. Secondo quanto riportato dal portale Openpolis, risultano completate solo la metà delle scadenze previste per il 31 marzo, le altre sono classificate “in ritardo”. Poco o nulla si sa delle restanti misure da completare entro giugno. 

 

In questi giorni le istituzioni europee sono state sorprese dalla richiesta presentata dal governo italiano di ottenere ulteriori prestiti legati al programma RepowerEU sia perché nelle ultime settimane alcuni membri dell’esecutivo hanno segnalato il rischio di non riuscire a spendere in tempo le risorse assegnate col Pnrr sia perché la richiesta inviata alla Commissione risulta ancora molto generica. Non è stato chiarito, infatti, quando il governo presenterà un circostanziato piano di integrazione dei progetti RepowerEU nel Pnrr comprensivo dell’ammontare dell’inviluppo finanziario che si intende ottenere da Bruxelles su queste progettualità. Rimane infine da capire quali progetti Pnrr il governo voglia abbandonare definitivamente perché poco utili e quali invece intenda e possa realisticamente spostare sui fondi della programmazione di coesione che ha scadenze rendicontative più lunghe (al 2029) e quale sia l’effettivo stato della negoziazione in corso su questi aspetti con gli uffici della Commissione.

 

In questo contesto un po’ confuso e in assenza di dati (la trasparenza su quello che è il più importante progetto trasformativo del paese è davvero troppo poca) alcuni suggerimenti costruttivi possono essere avanzati per fare ordine. Prime evidenze dall’analisi di OpenCup – la piattaforma di dati aperti per il monitoraggio degli investimenti pubblici – mostrano che ci sono quasi 100 mila cup (codici unici di progetto che identificano capitoli di spesa) – ovvero più della metà dei cup legati al Pnrr – a cui sono allocate poco più del 2 per cento delle risorse del Pnrr: si potrebbe valutare di eliminare tutti o buona parte di questi microprogetti (con un importo finanziario medio di circa 36mila euro) o di spostarli sulla coesione per semplificare in modo significativo la macchina gestionale e amministrativa. Invece di assumere nuovo personale nella Pa con procedure lente e stipendi poco attraenti (una riforma del pubblico impiego è fra le scadenze del Pnrr di giugno), perché non valutare di aprire dei cassetti di spesa in mano alle amministrazioni più deboli e in ritardo sul percorso attuativo del Pnrr per ingaggiare velocemente competenze certificate nel settore privato, nel mondo della consulenza, della grande impresa, delle professioni tecniche, da dispiegare soprattutto a livello locale per fornire assistenza tecnica, si farebbe prima e meglio, evitando un disordinato e costosissimo “assumificio” emergenziale.

 

Nel considerare le opzioni di allocazione dei fondi aggiuntivi di RepowerEU, o altre ricalibrazioni, sarebbe opportuno evitare di ripetere l’errore di fare un’operazione svuota-cassetti di piccoli progetti di breve respiro, meglio sarebbe concentrare le risorse su strumenti automatici di incentivazione alle imprese e alle famiglie sul modello dei crediti di imposta finanziati dall’Inflation Reduction Act americano, anche in questo caso promuovendo con forza una logica di partnership pubblico-privata. Insomma qualche idea per fare qualcosa di utile allo scopo di fare del Pnrr un grande successo del paese. Nella speranza che questo sia ancora lo scopo.

a cura di Assonime

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