L'Europa al bivio del gas

Luciano Capone

La questione del pagamento in rubli è complicata, ma è molto più semplice di quanto appaia: Putin ricorda ai paesi europei che non si possono avere gli stoccaggi pieni e le casse del Cremlino vuote. Il problema dell'Ue non è pagare in euro o in rubli, ma comprare o non comprare gas dalla Russia

La questione dei pagamenti in euro o in rubli del gas russo è tecnica e complicata. Ma è anche molto più semplice di quanto si pensi. Mentre l’Unione europea da circa un mese si incarta con le linee guida per stabilire se lo schema di pagamento preteso dal Cremlino violi o meno le sanzioni alla Russia, la decisione di Vladimir Putin di sospendere le forniture di gas a Polonia e Bulgaria ci riporta ai fondamentali: vogliamo o no il gas russo? 

 

Se l’apertura di un secondo conto in rubli presso Gazprombank, la banca attraverso cui avvengono le transazioni sul gas, sia una violazione o un aggiramento delle regole europee è un po’ una questione di lana caprina. Come è superfluo, in un contesto di guerra e di ostilità aperta con la Russia, dire come hanno fatto molti leader europei a partire dal premier Mario Draghi che le nuove condizioni richieste da Putin "sono una violazione dei contratti” che invece prevedono il pagamento in euro o dollari. Non è tanto importante che una delle due parti violi il contratto se poi l’altra intende proseguire a fare affari secondo le nuove condizioni. Allo stesso modo è tanto ovvio quanto futile dire, come ha fatto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che “il Cremlino utilizza i combustibili fossili per ricattarci”. Era qualcosa che si sapeva da tempo.

 

La decisione di Putin, approvata con un decreto a fine marzo, di pretendere un pagamento in rubli delle forniture di gas dai paesi “ostili” è una reazione, se non legittima, quantomeno comprensibile alle giuste e doverose sanzioni dell’Europa e degli altri paesi occidentali. In risposta all’invasione dell’Ucraina, l’Occidente ha imposto alla Russia delle sanzioni senza precedenti, colpendo anche le riserve della Banca centrale russa, allo scopo di provocarle una sorta di infarto economico. Nell’imporre le sanzioni, l’Europa ha scelto di massimizzare il danno al regime russo minimizzando quello per la propria economia e pertanto, essendo ben conscia della forte dipendenza da Mosca in particolare per il gas naturale, i governi dei paesi membri hanno deciso di escludere le sanzioni energetiche. Ad esempio nella lista delle banche russe interdette dal sistema di pagamenti Swift non è stata inserita Gazprombank, proprio perché si voleva che sul fronte del gas tutto filasse liscio come prima. E questo è sicuramente stato un punto che ha tenuto unito il fronte dei paesi europei. Insomma, il messaggio è stato che l’Europa ha bisogno del gas russo e, nonostante tutto, intende continuare a comprarlo.

 

Dal canto suo, Putin ha l’obiettivo opposto: minimizzare l’impatto delle sanzioni per l’economia russa e amplificare le ricadute su quella europea. In questo senso il meccanismo di pagamento richiesto dal Cremlino, che prevede l’apertura di un doppio conto per la conversione della valuta estera (euro/dollari) in rubli non è un semplice capriccio o ricatto. È una necessità. Data la pervasività delle sanzioni occidentali che hanno bloccato l’operatività della Banca centrale, la Russia ha l’esigenza di essere sicura di poter utilizzare gli introiti del gas. E pertanto il nuovo schema serve a eliminare intermediari finanziari occidentali che potrebbero congelare questi soldi come già è avvenuto con le riserve della banca centrale. È vero che così la Russia vìola le condizioni del contratto, ma perché le sanzioni europee hanno cambiato le condizioni esterne. Putin, insomma, vuole essere sicuro di avere piena disponibilità dei proventi del gas: è un criminale, ma non è un cretino. Le sue richieste sono del tutto razionali da un punto di vista economico e anche da quello politico perché tenta di aprire una spaccatura nel fronte europeo che finora è stato unito proprio perché ha tenuto fuori la questione divisiva del gas.

 

La posizione dell’Europa, invece, era abbastanza ingenua. Perché in sostanza pretendeva di continuare a ricevere gas dalla Russia e al contempo di poter congelare i corrispondenti pagamenti in valuta forte. Ma non si possono avere gli stoccaggi pieni e le casse del Cremlino vuote, è questo ciò che Putin ha ricordato all’Ue. Di fronte a questa alternativa un paese come la Polonia, che si era già preparato all’abbandono del gas russo, ha deciso di farne a meno. Ed è a questo quesito elementare che, rubli o non rubli, i governi europei devono rispondere: vogliamo continuare a comprare il gas russo finanziando la guerra di Putin o no? Possiamo permetterci di farne a meno o no? La valuta del pagamento è solo una conseguenza della risposta.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali