Un Airbus A400M in volo (foto LaPresse)

L'impatto dei dazi americani sull'Europa sarà minimo. Un nuovo studio di Ubs

Secondo la banca d'affari l'effetto sarà limitato allo 0,04 per cento del prodotto interno lordo dell'Ue. Oggi a Washington ripartono i negoziati tra Stati Uniti e Cina

Milano. Oggi a Washington ripartono i colloqui tra Stati Uniti e Cina sugli scambi commerciali tra i due paesi e questo tema resta centrale anche per i mercati finanziari europei che sono alla finestra (gli indici della seduta odierna sono praticamente invariati) in attesa di comprendere anche l'impatto dei nuovi dazi americani scaturiti dalla contesa Airbus-Boeing. Secondo una ricerca di Ubs, tale impatto dovrebbe essere ridotto per il nostro continente. "In totale, gli Stati Uniti sono tenuti a imporre dazi sulle esportazioni statunitensi di 7,5 miliardi di dollari, pari solo allo 0,04 per cento del prodotto interno lordo dell'Unione europea (0,06 per cento per la zona euro). A livello di paese, anche l'impatto appare molto ridotto, con la proporzione di merci soggette a nuove tariffe pari a meno dello 0,1 per cento del pil", osserva la banca d'affari nel suo studio. 

 

 

Intanto, i mercati s'interrogano su quali basi potrà essere raggiunto un accordo tra Stati Uniti e Cina vista la distanza delle posizioni tra le due superpotenze. Allo stato attuale dei negoziati, come messo in evidenza anche dal Financial Times, la Cina offre soprattutto maggiori acquisti di beni agricoli (in particolare la soia), sapendo che è un tema importante per il presidente Donald Trump e vista anche l’importanza dell’elettorato rappresentato dagli agricoltori. Quello che invece Pechino non è disponibile a concedere è un accordo totale che comprenda anche impegni in merito al freno dei furti di proprietà intellettuale, stop ai sussidi governativi alle aziende cinesi oltre allo stop al piano "Made in China 2025", che prevede che la Cina entro il 2025 diventi leader in 10 settori (in buona parte della tecnologia), mediante anche acquisizioni di aziende estere.

 

Come mette in evidenza Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte Sim, nella sua nota mattutina, "la Cina appare disponibile a un accordo solo parziale e solo alle sue condizioni. Si tratta di una proposta che sulla carta Trump difficilmente potrebbe accettare, nel qual caso lo scenario potrebbe essere di escalation, nel breve, delle tensioni, con l'avvio dell’incremento dei dazi il 15 di ottobre e il rinvio dei negoziati a novembre prima di arrivare alla partenza dei dazi sui beni finali previsti dal 15 dicembre, che farebbero male anche agli Usa, dal momento che colpirebbero direttamente i consumatori/elettori Usa".