La fake news dei posti fissi creati dal governo gialloverde

Marco Fortis

Tutta la fanfara mediatica sul nuovo presunto boom del lavoro è campata in aria. Il Conte bis ha tempo per comparare i dati e impostare una nuova politica efficace di rilancio del mercato del lavoro, soprattutto al sud

Gli ultimi rapporti dell’Istat sul mercato del lavoro sono stati commentati dalle agenzie di stampa, dagli editoriali e dai telegiornali all’insegna di un grande rilancio dell’occupazione dipendente a tempo indeterminato. E questo boom di posti fissi, nell’interpretazione quasi generale, sarebbe stato merito principalmente del Decreto dignità. In realtà, non c’è stato alcun boom dei posti fissi in Italia e quei pochi in più che sono stati creati nell’ultimo anno di governo gialloverde sono per la quasi totalità posti fissi part-time, cioè con un basso impatto sulla crescita delle ore lavorate, sulla soddisfazione dei lavoratori e anche sulla creazione di nuovo reddito aggiuntivo. Il Decreto dignità, cioè, da un lato ha “ingessato” il mercato del lavoro delle micro-attività artigianali, dei negozi e del turismo (non facilitando di certo la vita dei piccoli imprenditori), con un aumento forzato delle assunzioni part-time a tempo indeterminato. Mentre non è riuscito a incidere, dall’altro lato, sul mercato del lavoro di peso, quello del tempo pieno, che crea le maggiori condizioni di benessere economico e sociale. Un bilancio, dunque, fallimentare.

 

 

E’ sufficiente scorrere l’ultima Nota trimestrale dell’Istat, e in particolare leggere i dati del prospetto 3, a pagina 6, per rendersi conto di come tutta la fanfara mediatica di queste ultime settimane sul nuovo presunto boom del lavoro sia totalmente campata in aria. Infatti, scopriamo nel prospetto 3 citato che nel secondo trimestre 2019 la crescita tendenziale dei posti dipendenti fissi è stata sì di 112 mila persone rispetto al secondo trimestre 2018 ma che, purtroppo, solo 15 mila nuovi assunti sono a tempo pieno e ben 97 mila sono part-time. In altri termini, nell’anno di governo gialloverde i posti fissi a tempo pieno in più hanno rappresentato appena il 13 per cento della crescita complessiva degli occupati permanenti, in un rapporto sconsolante di circa nove posti part-time per un solo posto a tempo pieno.

 

L’efficacia quantitativa di una politica del lavoro si vede in prima battuta dal numero di nuovi occupati totali creati. Ma la qualità di una politica del lavoro risiede principalmente nella capacita di far aumentare i posti di lavoro fissi a tempo pieno. Negli ultimi quindici anni ciò è accaduto in misura significativa soprattutto con il Jobs Act e le decontribuzioni. Infatti, rispetto al 2014, a fine 2016 dopo due anni di Jobs Act e decontribuzioni, i posti di lavoro dipendenti totali crebbero di 530 mila unità, di cui solo 147 mila furono a tempo determinato. Mentre i posti fissi risultarono cresciuti di 383 mila unità e di questi 230 mila furono a tempo pieno e solo 153 mila part-time. Nei successivi sei trimestri di governo Gentiloni poi, sono stati creati altri 125 mila posti di lavoro fissi a tempo pieno, con un calo di 72 mila di quelli a tempo parziale. In totale, dall’inizio del Jobs Act alla fine del governo Gentiloni, gli occupati permanenti a tempo pieno in Italia sono aumentati di ben 355 mila unità contro i soli 15 mila del governo Conte I.

 

Se poi si analizzano le serie storiche Istat dei dipendenti fissi a tempo pieno e parziale, ricostruibili dal 2010 tramite le Note trimestrali sull’occupazione, si può notare che il tasso tendenziale massimo di aumento dei posti fissi a tempo pieno fu toccato nel terzo trimestre del 2016, con 262 mila nuovi assunti rispetto al terzo trimestre 2015. Sempre nel terzo trimestre 2016 i posti fissi part-time crebbero invece solo di 54 mila unità, dunque in un rapporto di circa 5:1 tra tempo pieno e parziale. Una situazione completamente differente da quella odierna, laddove si è passati dalla crescita annua di 262 mila occupati permanenti a tempo pieno del governo Renzi ai soli 15 mila in più in un anno del governo Conte I.

 

Il Governo Conte II ha tutto il tempo per analizzare meglio la situazione e di comparare i dati del passato e dell’ultimo anno per capire come re-impostare una nuova politica efficace di rilancio del mercato del lavoro, soprattutto al sud. Il Jobs Act e le decontribuzioni avevano ben funzionato. Il primo andava completato e non snaturato. Le seconde andavano estese con un approccio mirato, soprattutto nel Mezzogiorno.

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