Ursula von der Leyen e Giuseppe Conte (foto LaPresse)

Niente mance per i rossogialli

Alberto Brambilla

Il presidente della banca francese Société Générale Bini Smaghi spiega perché la flessibilità (di Bruxelles) e la liquidità (di Francoforte) vanno usate con giudizio, stavolta 

Roma. In un video diventato virale in questi giorni un sovranista inglese incappucciato tenta di dare fuoco a una bandiera europea invano perché è fabbricata con materiale ignifugo in ossequio a una direttiva comunitaria sui prodotti tessili adottata anche a Londra. Come il brexiteer anonimo anche i sovranisti incendiari come Matteo Salvini hanno capito a loro spese che non si può fare un falò delle regole fiscali comuni perché servono a garantire la stabilità dell’Eurozona, una mutua assicurazione tra gli stati membri.

 

In seguito al fallimento della chiamata a elezioni anticipate di Salvini, relegato all’opposizione del governo Pd-M5s che ha ripreso a sventolare la bandiera dell’europeismo, il capo della Lega ha parlato di “miracolo” nel notare che la postura della nuova commissione europea guidata da Ursula von der Leyen era cambiata con l’intenzione di “semplificare” le regole del Patto di stabilità e crescita. Allo stesso tempo, ieri il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi ha chiuso il suo mandato consegnando al suo successore Christine Lagarde un nuovo pacchetto di stimoli fra taglio ulteriore dei tassi, moderazione degli effetti dei tassi negativi sui depositi delle banche in Bce e un nuovo round di Quantitative easing senza una scadenza predeterminata. Anche se Salvini avrebbe voluto probabilmente vivere da leader questa fase di relax fiscale e monetario non c’è niente di miracoloso.

 

Il presidente della banca francese Société Générale Lorenzo Bini Smaghi, già membro del board Bce, ritiene che il cambio di postura sia motivato dalla graduale moderazione del ciclo di crescita europeo (la Bce ha tagliato le stime per il 2019 all’1,1 per cento dall’1,2 previsto a giugno). “C’è un generale rallentamento nell’Eurozona – dice il banchiere parlando con il Foglio – Von der Leyen e Lagarde hanno già preconizzato una ‘stance’ complessiva della politica fiscale più espansiva, anche se distribuita in modo diverso tra paesi in funzione dello spazio di manovra. In questo contesto, l’Italia potrebbe usufruire di questa modifica generale della ‘stance’, il che potrebbe portare a una richiesta di minor aggiustamento strutturale anno su anno”. Secondo le previsioni della Commissione il deficit strutturale – al netto del ciclo e delle misure una tantum – per l’anno in corso peggiorerà dello 0,2 per cento di pil quando secondo Bruxelles avrebbe dovuto migliorare dello 0,6 per cento. In questa forbice potrebbe stare lo spazio di “tutta la flessibilità” di cui l’Italia potrà disporre purché la usi per spesa in conto capitale. “La flessibilità – ricorda Bini Smaghi – è stata data anche ai precedenti governi italiani, ma è stata usata soprattutto per spese correnti invece che per gli investimenti. La Commissione europea potrebbe dunque continuare a garantire una certa flessibilità all’Italia, ma in maniera più ‘condizionata’ all’effettivo uso per investimenti”. Le regole europee, per quanto siano considerate “rigide” anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ne ha invocato un ammorbidimento, non lo sono proprio quando si prevedono ampi margini di flessibilità per un paese che vuole fare più debito per fare investimenti o riforme.

 

In passato l’Italia non si è dimostrata affidabile. Al governo Renzi-Gentiloni erano stati concessi 30 miliardi di euro di maggiore indebitamento che sono stati usati per il bonus 80 euro ai lavoratori dipendenti e per evitare un aumento dell’Iva. Il Secondo governo Conte ora come un mantra chiede maggiore flessibilità e intende presentare al prossimo vertice dei ministri ai prossimi vertici dei ministri finanziari (Eurogruppo) e dei ministri economici (Ecofin) una proposta per scorporare dal calcolo del rapporto deficit-pil gli investimenti in efficienza ambientale, una “golden rule” in salsa verde. L’esclusione degli investimenti pubblici dai parametri di deficit era una proposta avanzata anche dall’attuale ministro dell’Economia Roberto Gualtieri in fase di revisione del Fiscal compact nel 2012 e può trovare una sponda per moderare l’eventuale resistenza tedesca nel commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni che ha tra gli obiettivi del suo mandato quello di “rilanciare la crescita e la sostenibilità sociale e ambientale”.

 

Bini Smaghi ritiene comunque che l’Italia avrà una tutela occhiuta da Francia e Germania. “Con Gentiloni commissario potrebbe arrivare un nuovo direttore generale dell’Ecofin (in sostituzione dell’italiano Marco Buti, ndr) ed è probabile un francese o un tedesco, posto a controllo della macchina tecnocratica, che comunque ha la sua importanza, come si è visto nel caso di Moscovici”, il predecessore di Gentiloni affiancato dal vicepresidente Valdis Dombrovskis con cui l’ex premier italiano dovrà collaborare.

 

Alla postura considerata più gentile di Bruxelles e alla opportunità di determinare una revisione dell’uso della flessibilità di bilancio si aggiunge una ulteriore fase di politica monetaria molto accomodante che garantisce maggiore spazio di manovra. Sono condizioni favorevoli che però non sono inedite. La fase del primo Quantitative easing (Qe) è durata dal 2015 alla fine del 2018 in epoca di governo Renzi-Gentiloni, tutto dipende dalla capacità di approfittarne e dalla modalità di impiego della minore spesa per interessi derivante dall’azione della Bce. “L’impatto del Qe e dei tassi più bassi, è già stato comunque rilevante. I tassi francesi a 10 anni sono negativi, e quelli italiani ai minimi storici”, ricorda Bini Smaghi. Secondo la Banca d’Italia la spesa per interessi è scesa di 619 milioni a 64,9 miliardi l’anno scorso ed è prevista in ulteriore calo quest’anno.

 

“Sarebbe un errore – aggiunge – usare i risparmi sui tassi d’interesse come se si trattasse di un Tesoretto (come fece il governo Renzi) e aumentare la spesa corrente. Bisogna, in altre parole, continuare a ragionare in termini di saldo primario, al netto degli interessi sul debito”. Tuttavia l’indirizzo dell’azione di governo sarà obbligata e non lascia spazio alla prosecuzione del modus operandi visto in precedenza con un aumento della spesa perché la fase di stagnazione italiana e la possibile recessione tedesca non consentono divagazioni. “Non bisogna ignorare – avverte Bini Smaghi – i rischi di un forte rallentamento economico e di una possibile recessione in Europa, provocata ad esempio da una Brexit disordinata, che potrebbe provocare ripercussioni sulla stabilità finanziaria. L’Italia sarebbe la prima a soffrire di questa instabilità, dato che il debito pubblico italiano è il più elevato in Europa, e continua ad aumentare. Qualsiasi margine di manovra deve dunque essere valutato con l’obiettivo di mantenere la sostenibilità del debito nel medio periodo e la credibilità dei mercati finanziari”. Se insomma gli incendiari non sono riusciti a infiammare l’Europa e non sono più al potere i pompieri hanno il compito di dimostrare di sapere restaurare la credibilità cominciando a dimostrarsi affidabili.

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.