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Più boschi per tutti. Dove c'è sviluppo economico cresce anche la natura selvaggia

Antonio Pascale

Relazioni virtuose tra industria e ambiente, anche in Italia

Se leggerete le brochure che illustrano le bellezze di alcuni luoghi calabresi o campani, riconoscerete di certo la nota espressione “caratteristica macchia mediterranea”. Ebbene, la cosa buffa è che tanto caratteristica non è. Voglio dire, in un contesto storico più ampio delle nostre brevi esistenze, la suddetta macchia è il risultato di secoli e secoli di deforestazione passata. Quei luoghi una volta erano ricchi di alberi, ontani soprattutto, alberi con i quali abbiamo costruito molte navi e non solo, e quindi sradicando sradicando ora, dopo secoli, è rimasta la macchia. Quindi è sì caratteristica ma solo perché per secoli la deforestazione coatta era una pratica di moda, insomma caratteristica, se mi perdonate il bisticcio. Ora non più e possiamo tirare un sospiro di sollievo.

 

In Italia per esempio mai come in questi ultimi anni siamo pieni di boschi, tanto che si può dire che i boschi sono una caratteristica dell’Italia intera. Ci sono boschi dappertutto, e aumentano. Conta l’abbandono delle campagne, lo spopolamento e altre dinamiche ormai tristemente note. Fatto sta che la natura lasciata a se stessa si è ripresa pezzi di territorio: alcuni boschi sono ormai impraticabili, luoghi chiusi, ci vuole il machete per entrare, e una guida che sonda con una pietra l’altezza di alcune pozzanghere simili a paludi che facilmente si formano. Per non dire di alcuni animali che credevamo estinti. Negli anni Settanta, se qualcuno aveva visto un lupo (un censimento ne contava pochi esemplari) si formava un gruppo di persone attorno a lui, a cerchio, a conciliabolo e lo si costringeva a giurare e giurare sulla Bibbia e sui figli e altri parenti cari che sì l’aveva visto e poi a raccontare cento volte la storia. Ora se capita dite: ah, sì certo, e poi sbadigliate e ordinate un caffè.

 

E’ interessante questo fenomeno, anche se causa di problemi. Voglio dire, nel mio ufficio ministeriale (calamità naturali in agricoltura) sono aumentate esponenzialmente le richieste di contadini che esigono rimborsi perché un lupo ha attaccato un branco di pecore, perché i cinghiali hanno fatto bagordi con frutteti vari e poi i daini, i cervi, e ora anche gli orsi, che quelli, poi, o li vedevamo nei cartoons oppure quando stringevamo da bambini un pupazzetto.

 

Ma comunque è interessante perché mette in evidenza un fenomeno non proprio noto e nemmeno oggetto di dibattito. I boschi aumentano (e poi qualcuno li cura bene, e cioè li taglia, fa una buona manutenzione, altri, cioè noi, li lasciamo avanzare incuranti di tutto) nei paesi industrializzati, più o meno ricchi, certamente benestanti: è come ci fosse una correlazione forte tra industria e natura, avanza una e avanza l’altra. Al contrario nei paesi poveri i boschi si tagliano e se non stiamo attenti, fra qualche anno anche lì le brochure diranno qualcosa di simile alla “caratteristica macchia mediterranea”.

 

Dunque, considerato che siamo quasi otto miliardi di persone e non pochi milioni che vivono nella foresta, per essere ecologisti razionali è necessaria una sensibilità particolare che va di sicuro e senza ironie accesa e moltiplicata, e tuttavia ci rendiamo conto che la suddetta è funzione di un certo livello di benessere (quindi dell’industria e pure dell’inquinamento che ci ha preceduto). Dobbiamo sperare e lottare affinché alcuni paesi, oggi più poveri e meno impegnati sul fronte dell’ecologia, diventino più ricchi e più impegnati. Insomma, a volte, nei momenti di pessimismo ho l’impressione che siamo nel classico cul-de-sac, dall’alto del nostro stile di vita chiediamo agli altri che non hanno lo stile di vita occidentale di stare attenti e adeguarsi, ma poi in fondo sappiamo, sospettiamo con inquietudine, che loro devono raggiungere un adeguato livello di benessere per diventare sensibili alla natura. Come si fa?

 

Mi sembra un incubo: per fare il bosco più forte c’è bisogno di un’economia fortemente in crescita. Ma l’economia fortemente in crescita è tante cose, e non tutte piacevoli. Come quando dissero a un ministro cinese di stare attenti alle emissioni di CO2, perché la temperatura stava aumentando, lui rispose: certo, ma tutto questo non l’abbiamo fatto noi, ma voi. Però vi perdoniamo, perché allora (quando noi eravamo un’economia tendenzialmente agricola e voi crescevate con l’industria) non lo sapevate. Ora lo sappiamo e però lasciateci fare la nostra parte, dobbiamo crescere.

 

E alla fine, se qualcuno ha idee per uscire dal cul-de-sac globale e avere velocemente più boschi, più lupi, orsi e fra poco serpenti e altro (senza tanti danni) in maniera ecosostenibile, per favore si faccia avanti, prima che un’edera ci imbrigli e ci trasformi nella caratteristica selva oscura.