Ecco l'Italia dei centri commerciali che resiste alle chiusure domenicali

Giancarlo Salemi

Quasi la metà del fatturato è registrato nei weekend, dice uno studio Nomisma. "Pretendiamo rispetto dalla politica", dice il presidente del Cncc, Massimo Moretti

I centri commerciali registrano il 40 per cento del loro fatturato nei weekend. In particolare, domeniche e giorni festivi sono il secondo giorno per quota di fatturato generato (18,40 per cento). Sono i dati emersi da uno studio “Industry dei Poli Commerciali in Italia. Tra filiera e ruolo sociale” effettuato da Nomisma e presentati dall’amministratore delegato della società, Luca Dondi, durante una conferenza promossa dal Consiglio Nazionale dei centri commerciali.

  

“Abbiamo commissionato questa ricerca – ha spiegato Massimo Moretti, Presidente del Consiglio nazionale dei Centri commerciali - affinché emergesse concretamente, anche nei numeri, l’importanza strategica dell’industria dei centri commerciali, retail park e factory outlet. Credo che i risultati parlino da soli, in termini di occupazione generata su tutto il territorio nazionale: incidiamo per il 4 per cento in termini di contributo complessivo al pil e, non ultimo, sosteniamo imposte annue per circa 27,8 miliardi di euro”. “Per questo – ha spiegato – pretendiamo rispetto dalla politica, siamo aperti al dialogo con tutti, ma le chiusure domenicali sarebbero un gravissimo danno per l’intero indotto, quasi la metà del nostro fatturato avviene infatti fra sabato e domenica”.

  

È passato quasi un anno da quando Lega e M5s hanno avanzato la proposta di superare la liberalizzazione voluta dal governo Monti nel dicembre del 2011. Un disegno di legge che ha avuto una gestazione molto complicata e che prevede la reintroduzione dell’obbligo di chiusura domenicale e festiva degli esercizi commerciali al dettaglio. In particolare, l’ultimo testo approvato in X Commissione alla Camera prevede l’obbligo di chiusura di negozi e centri commerciali la domenica e nelle giornate che coincidono con le 12 festività nazionali: 1° gennaio, 6 gennaio, Pasqua, Pasquetta, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1° novembre, 8 dicembre, 25 dicembre e 26 dicembre. Tuttavia, è prevista una deroga all’obbligo di chiusura per un numero di domeniche non inferiori a otto e fino a un massimo di 26 (su 52 dell’anno) e un numero massimo di festività pari a quattro (su 12). Una proposta che però non piace nel merito ai manager dei centri commerciali. “Parliamo semmai di come migliorare la qualità lavorativa dei dipendenti dei centri, quelli che operano la domenica – ha detto ancora Moretti – ma lo strumento non è il disegno di legge, semmai una trattativa tra aziende e sindacati, noi generiamo sviluppo non solo economico ma anche sociale”.

 

La ricerca evidenzia anche l’impatto sociale dei centri commerciali. Mediamente ogni giorno fra i 4 e 6 milioni di italiani visitano questi shop center e, cosa importante, lo fanno in compagnia (con la propria famiglia o con gli amici per il 79 per cento degli italiani). “Siamo le nuove piazze dove le persone amano incontrarsi e stare insieme con i propri cari – ha proseguito Moretti -  Questa funzione la svolgiamo soprattutto nelle realtà italiane dove un luogo bello, pulito e sicuro risulta indispensabile”.

 

Chiedono quindi al governo una maggiore attenzione e tutela per un settore che crea ricchezza per l'Italia se consideriamo – come si legge nello studio Nomisma – “che nel 2018, alle 1.254 strutture presenti in Italia (1.020 delle quali sono centri commerciali, 181 parchi commerciali, 30 outlet center, 23 leisure center) sono collegati 71,6 miliardi di fatturato diretto, 587.000 posti di lavoro e un contribuito al gettito fiscale per 27,8 miliardi di euro”.

 

“La ricerca si è proposta di dimensionare correttamente il settore, sfatando il mito di una sovra-dotazione che nei fatti non esiste – ha spiegato l’amministratore delegato di Nomisma – La dotazione in termini di strutture e superfici è analoga a quella di altri paesi come Francia e Spagna. Un altro obiettivo è stato quello di mettere in evidenza la forza di attivazione economica del settore – in grado di generare un impatto complessivo - diretto, indiretto e indotto - di oltre 139 miliardi di euro”. “I centri commerciali sono diventati un importante punto di aggregazione per i cittadini – ha concluso – che hanno identificato in essi, non solo un luogo dove fare acquisti, ma anche un hub dove vivere esperienze e passare momenti di intrattenimento. Nell'èra in cui troppo spesso si assiste all'isolamento sociale, i centri commerciali diventano nuove piazze di aggregazione”.

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