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Questo matrimonio s'ha da fare

Redazione

La Francia interviene su Fca e Renault e mostra i limiti del governo gialloverde

Gli incontri a Parigi di Fiat Chrysler Automobiles con i vertici della politica francese proseguono in vista della fusione Fca-Renault: il ministro delle Finanze Bruno Le Maire ha ricevuto il presidente di Fca John Elkann, dopo che con l’amministratore delegato Mike Manley era stato invitato all’Eliseo da Emmanuel Macron. Secondo Bloomberg la Francia, il cui governo è primo azionista di Renault, chiede garanzie su Jean-Dominique Senard, presidente della casa francese, indicato come ad del nuovo gruppo (Elkann ne sarebbe presidente), la sede operativa a Parigi mentre quella legale sarebbe in Olanda, la distribuzione di un extra-dividendo agli azioni di Renault (già previsto per quelli di Fca) e garanzie occupazionali per quattro anni. Di realmente nuovo c’è la sede a Parigi: Fca capitalizza più di Renault (18 miliardi contro 15) ma vende 4,8 milioni di auto contro 10,7 di Renault-Nissan-Mitsubishi. Più che questione di numeri e cariche, però, la sensazione è di una trattativa appoggiata e seguita costantemente da Macron. Si può dire la stessa cosa per l’Italia? E come dovrebbero muoversi Giuseppe Conte e il ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio senza fare danni? Evocare il nazionalismo di Macron non basta: Nicolas Sarkozy intervenne sulla Peugeot per evitare licenziamenti, e lo stesso Macron ha negoziato con Angela Merkel la vendita alla Peugeot di Opel, due aziende private. Sergio Marchionne aveva con i governi italiani incontri frequenti e operativi: uno con Mario Monti durò cinque ore. Con Matteo Renzi ci fu anche un feeling politico (ancora oggi rinfacciato). Con Conte e Di Maio è agli atti una visita di Elkann e Manley a settembre, propiziata da Sergio Mattarella, alla quale è seguito il gelo per l’ecotassa voluta da Di Maio. Sulla trattativa che vedrebbe la nostra maggiore industria privata dar vita alla prima alleanza automobilistica mondiale l’unico segno di vita gialloverde è ventilare un intervento pubblico. Con quale obiettivo strategico non è dato sapere e d’altra parte Lega e 5S non hanno le idee chiare neppure sul loro di futuro. “Clima ostile all’impresa e sfiducia degli investitori” ha detto al Foglio il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi. Appunto.

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