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Trump mette al bando Huawei e rinvia i dazi sulle auto europee

Mariarosaria Marchesano

Il presidente americano inasprisce ulteriormente il conflitto con la Cina. S'indebolisce la prospettiva di un accordo al G20 di giugno e i mercati sono sempre più nervosi 

Milano. Il presidente americano, Donald Trump, con una mano firma il provvedimento con il quale vieta di fatto alle società statunitensi di utilizzare tecnologie e attrezzature Huawei e con l'altra decide di rinviare i rincari sulle tariffe delle auto provenienti da Giappone e Unione europea. Una faccia cattiva e una “buona”, per avere la possibilità di concentrarsi su quello che in questo momento gli sta più a cuore: ostacolare l'ascesa del colosso cinese dimostrando così di “proteggere” l'economia americana. E' per questo che ha deciso di dichiarare una sorta di emergenza tecnologica nazionale per garantire la sicurezza dei prodotti americani. Mossa a cui Huawei ha replicato dicendo che impedire al colosso cinese delle telecomunicazioni non renderà gli Stati Uniti più sicuri o più forti e allo stesso tempo ribadendo il record di sicurezza informatica dell'azienda.

Secondo Philipp Vorndran, strategist di Flossbach von Storch, in questa guerra dei dazi “Trump è probabilmente spinto dalla consapevolezza che il futuro egemone del mondo sarà la Cina. Non si tratta tanto di stabilire se questo accadrà, quanto piuttosto quando succederà. Trump lo ha riconosciuto e vuole ritardare il più a lungo possibile il cambio della guardia. Il che significa niente di più che il conflitto tra Stati Uniti e Cina non si chiuderà mai con un accordo, che al massimo potrebbe rappresentare solo una tregua temporanea”. Ed è probabilmente la presa di coscienza di un conflitto infinito che sta impedendo ai mercati internazionali di riprendersi dalle fase di grande incertezza che stanno attraversando.

 

Come spiega Margaret Yang, analista di Cmc Markets, negli ultimi giorni i mercati hanno scelto di ignorare la tremenda pressione al ribasso provocata dalla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, sperando che arrivi una soluzione durante il possibile faccia a faccia tra Trump e Xi Jinping alla riunione del G20 di giugno. Dopo 40 anni di apertura, l'economia cinese è profondamente integrata nella supply chain globale e nella rete commerciale, “una volta che questo sistema si è rotto o mal funziona, l'intera regione dell'Asia-Pacifico rischia di risentirne”. Nel frattempo, altri due colossi della tecnologia cinese, Alibaba e Tencent, hanno entrambi superato le aspettative di mercato con i loro risultati del primo trimestre. 

 

In questo contesto, le Borse europee sembrano da un lato preoccupate dell'intensificarsi del conflitto tra Washington e Pechino e dall'altro non sanno fino a che punto possano sentirsi rincuorate dalla decisione di Trump di posticipare a novembre la questione dei dazi sulle auto provenienti dal Vecchio Continente, prospettiva di rincaro che da mesi tiene la Germania sulla corda. Così a metà mattinata i listini oscillano tra il segno meno e la parità, con Piazza Affari che perde lo 0,3 per cento appesantita anche dalle tensioni di politica interna che ieri hanno portato lo spread a superare i 290 punti base (stamattina il differenziale ha aperto a quota 287). 

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