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La via del soccorso di Carige è disseminata di grandi bufale

Mario Seminerio

La vicenda della scomparsa di pretendenti per l'istituto ligure mi pare sia una stentorea risposta della realtà alle ardite teorizzazioni di Abi e Banca d’Italia

L’intera vicenda dell’intervento di BlackRock, il più grande asset manager del pianeta, per Carige non è mai stata chiarissima dalla sua genesi. Non è mai stato chiaro per quale motivo BlackRock, che nella vita fa altro e su ben altra scala, avrebbe dovuto comprarsi una banchetta regionale italiana in amministrazione straordinaria. Ho sempre avuto una immaginazione assai limitata, lo confesso. Poi sono venute le precisazioni, del tipo che BlackRock avrebbe organizzato e orchestrato uno special situation fund: avrebbe messo l’involucro brandizzato dietro al quale avrebbero operato i veri acquirenti della banca, ovviamente ignoti. Per quale motivo degli investitori internazionali dovrebbero tentare il “turnaround” di un’azienda del tutto peculiare come una banca dissestata in un settore in crisi strutturale in tutto il mondo o quasi (anche se gli utili spesso ci sono ancora, e robusti), e per di più in un paese in manifesto declino come l’Italia, dove una classe politica di demagoghi fuori controllo opera per picconare la certezza del diritto e del fare d’impresa?

  

Le risposte a queste domande continuavano a non suonarmi convincenti. Come quella che sosteneva che l’acquirente avrebbe usato la piccola banca di private banking di Carige, Cesare Ponti, per distribuire i prodotti di risparmio gestito. Per attuare una strategia banalmente commerciale e in un contesto geografico minore serve un’acquisizione? Direi di no. Eppure sono riuscito a leggere tesi del tipo “certo, perché la Liguria ha risparmio pro capite superiore del 20 per cento alla media italiana”, manco fosse l’Eldorado e senza considerare che una regione demograficamente decrepita in un paese “ricco” tende ad avere più stock di risparmio. In precedenza, nelle more della costruzione vera o presunta di questo piano di acquisizione, abbiamo avuto anche levate di scudi da parte dei sindacati, timorosi che Carige potesse diventare una “boutique” di distribuzione di fondi e prodotti di risparmio gestito. Un momento surreale per una banca che ha un rapporto tra costi operativi e ricavi che supera il 90 per cento.

  

Poi è intervenuto il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, per sostenere il tentativo di BlackRock, e il sindacato che era pronto ad andare sulle barricate si è calmato. Almeno, questo è quanto abbiamo letto in questi giorni. Ora, che accadrà? Dopo settimane e mesi in cui siamo stati rimbecilliti dalla abituale intossicazione informativa sulla “fila di pretendenti”, anzi no, di “qualificati operatori internazionali”, anzi no, ora resta la “ricapitalizzazione precauzionale” per mano dello stato. Come avvenuto per Mps. Che tuttavia era un po’ più grande di Carige. Ma si sa, se Carige chiudesse, nessuno in Liguria otterrebbe più credito. Sono idiozie ma dobbiamo fingere di credervi, in nome del “Sacro territorio”, quello dove le banche locali sanno esattamente a chi e come prestare i soldi (infatti, lo abbiamo visto). Credo che non esistano le premesse per una ricapitalizzazione precauzionale, ma è la mia irrilevante posizione. Piuttosto, la vicenda della scomparsa di pretendenti per Carige mi pare sia una stentorea risposta della realtà alle ardite teorizzazioni di Abi e Banca d’Italia, per le quali il bail-in non è la strada da seguire, e addirittura che tale prassi sarebbe “caduta in desuetudine” per mancata applicazione. Che strana logica. Invece la via maestra dovrebbe essere, secondo i nostri banchieri privati e centrali, il denaro dei contribuenti, per evitare il babau chiamato “panico”.

 

Prendiamo atto che gli oltre 300 milioni messi in Carige dal braccio volontario del Fondo interbancario di tutela dei depositi, sotto forma di obbligazione subordinata, sono destinati ad un bel falò. Ma non è un problema: le banche che hanno messo quei soldi potranno alzare i costi delle commissioni e dei servizi, e recuperare l’importo. Pagheranno i clienti. Il “braccio volontario” avrà modo di dispiegare tutta la sua geometrica potenza di fuoco. Ora prepariamoci ai fiumi d’inchiostro degli editorialisti di sistema, che ci ricorderanno che c’è del marcio in Deutsche Bank, che la Commissione europea ce l’ha con noi.

da phastidio.net per concessione dell’autore

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