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Metti una partecipata sul burrone

Non solo Alitalia. Ragioni per ribellarsi all’uso politico delle aziende

Il serial Alitalia si arricchisce. Luigi Di Maio preme su Giovanni Tria per trasformare in azioni del Tesoro il prestito ponte da 900 milioni, già prorogato “non oltre” il 30 giugno. La norma si è affacciata nel decreto crescita, con il quale è arduo capire cosa abbia a che fare. L’ultimatum alle Fs del commissario Daniele Discepolo, nominato da Di Maio, perché si sbrighino a comprare il 30 per cento della compagnia è stato su richiesta leghista prorogato di un mese: un (pen)ultimatum che scadrebbe prima delle europee. “Ma perché impiccarsi a una data?” dice dunque Danilo Toninelli: una garanzia. Al M5s serve che Alitalia torni compagnia di bandiera, che sarebbe un unicum in Europa; un economista dei trasporti come Ugo Arrigo, vicino all’Istituto liberista Bruno Leoni, sostiene che ormai “è meno costoso per lo stato tenersi tutta l’azienda anziché ripulirla e pagare per anni il personale eccedente”. D’altra parte la ricerca di compratori è pazzotica: dopo le Ferrovie si rincorrono Fincantieri e perfino l’odiata Atlantia. Treni, navi e strade: nessuno che sappia di aerei. La tesi di Arrigo può avere un amaro fondamento però mai lo stato italiano (né gli altri) ha saputo non perdere soldi nel trasporto aereo, neppure quando c’erano i monopoli. Cosa fa pensare che ci riuscirà adesso?

 

Intanto l’Istat, mica gli “euroburocrati”, ricalcola il perimetro della Pubblica amministrazione inserendovi Rete ferroviaria italiana, Ferrovie nord, Invitalia, banche e finanziarie regionali del Tesoro. Il debito pubblico aumenterà: un segnale per le nazionalizzazioni mascherate da privatizzazioni stile Cdp. Ma ecco che la romana Acea, che fa utili ed è quotata in Borsa, viene pressata sempre dal M5s perché si prenda il carrozzone comunale dell’Ama con i suoi debiti. Certo, altrove le multiutility guadagnano trasformando i rifiuti in energia, sennonché il Campidoglio by Virginia Raggi bandisce i termovalorizzatori. Che cosa unisce storie diverse come Alitalia, Acea, Ama? Due fatti: l’utilizzo politico-ideologico di aziende che nel mondo reale stanno sul mercato e guadagnano mentre qui si trasformano in casi disperati; e il ricorso alle tasche dei contribuenti, però benedetto dal contratto di governo.

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