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Tav: moderare la velocità delle fake news

Lorenzo Borga

Un’analisi costi-benefici sulla Torino-Lione? Ne sono state pubblicate già sette (tutte con esito positivo). Solo merci sulla nuova Tav? No, anche qualche centinaio di migliaia di passeggeri. I costi e i lavori già avviati

Negli ultimi giorni si stanno diffondendo nel dibattito pubblico alcune false informazioni in merito alla linea ad alta velocità Torino-Lione. Ne sa qualcosa Marco Travaglio, intervenuto a “Di Martedì” su La7, che ha affermato: “Se si facesse l’analisi costi-benefici del Tav si scoprirebbe innanzitutto che è un treno merci […], e che esiste già una ferrovia per le merci, inutilizzata all’80 per cento. […] E’ un’opera che non va completata, perché non è mai stato costruito un solo millimetro, stiamo parlando di un’opera che costa 20 miliardi, non servirebbe a niente e inquinerebbe una valle”.

 

Le informazioni che fornisce il direttore del Fatto Quotidiano sono sostanzialmente cinque: bisogna fare l’analisi costi-benefici della Tav (evidentemente perché non è mai stata fatta), la Tav sarebbe solo per le merci, esiste già una linea ferroviaria inutilizzata, il costo dell’opera è di 20 miliardi di euro e, infine, la costruzione del tracciato non è ancora iniziata.

 

Benedetta sia l’analisi costi-benefici

Il governo ripete che prima di decidere se portare a termine l’opera bisogna comprendere se i costi superino i benefici. Sembrerebbe una posizione ragionevole, e probabilmente lo è: finalmente la politica valuta le proprie scelte prima di attuarle, in modo da capire se e come potrebbero essere spesi diversamente i soldi dei contribuenti, magari con più efficacia. Finalmente un po’ di raziocinio economico, potrebbe pensare qualcuno. Ciò che però non si sottolinea mai è che di analisi costi-benefici ne sono già state pubblicate sette, tutte con esito positivo secondo Telt (promotrice pubblica dell’opera), realizzate negli anni da soggetti internazionali e alcune commissionate dall’Unione europea. La più completa e allo stesso tempo recente è probabilmente quella pubblicata dall’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione (organismo tecnico che indica le linee di indirizzo per la realizzazione dell’opera, istituto dal governo) a fine 2011. Il risultato è positivo, poiché il nuovo progetto permetterebbe di drenare una parte consistente del traffico merci che interesserà la sezione occidentale dell’arco alpino nei prossimi 20-30 anni, fino a 700 mila mezzi pesanti all’anno che passerebbero da strada a rotaia (una stima più recente è ancora più ottimistica e prevede lo spostamento su rotaia di circa 3 milioni di camion). Secondo l’analisi, i costi di costruzione e i benefici trasportistici si equivarrebbero, senza contare un flusso di benefici netti di tipo ambientale. Un lungo fact-checking di Pagella Politica per Agi evidenzia che “l’analisi stima che il bilanciamento tra i costi di investimento e gestione dell’opera e benefici netti avverrà intorno al 2073”. I benefici sarebbero in termini anche di occupazione: 1.850 persone all’anno durante la realizzazione, 5.800 nell’indotto solo per la parte italiana. Ovviamente non mancano le criticità: nello stesso documento sono presenti anche critiche da parte di esperti e professori. Insomma, l’analisi costi-benefici continuamente richiamata dagli esponenti del governo e “benedetta” da Travaglio non sarà che l’ottavo studio disponibile.

 

Una Tav solo per le merci

Come già evidenziato nell’analisi costi-benefici, il treno ad alta velocità che dovrebbe attraversare le Alpi non sarà destinato solo alle merci. Un errore ripetuto anche dalla sindaca Chiara Appendino ma che è facilmente smentibile semplicemente attraverso qualche ricerca online (come ha consigliato David Allegranti sul Foglio). I passeggeri aggiuntivi sulla tratta Torino-Lione dovrebbero essere alcune centinaia di migliaia entro il 2035, secondo le previsioni dei favorevoli al progetto. Previsioni che potrebbero non concretizzarsi, ma ciò che è certo è che anche i passeggeri potranno salire su quel treno. I passeggeri dovrebbero inoltre beneficiare di una forte riduzione dei tempi di percorrenza, anche se probabilmente non ancora competitivi con gli aerei di linea low cost: ad esempio per raggiungere Parigi da Milano si impiegherebbero 4 ore e non più 7.

 

Il tracciato storico

Secondo molti critici dell’opera, il traffico di merci e persone tra Italia e Francia sarebbe in calo e dunque una nuova ferrovia non sarebbe giustificata né economicamente sostenibile. Secondo il fact-checking di Agi la quantità di beni scambiati e transitati via terra attraverso i quattro passaggi (Ventimiglia, Monginevro, Frejus/Moncenisio e Monte Bianco) è leggermente calata dall’inizio del nuovo millennio, da più di 50 milioni di tonnellate di merci a poco più di 40. Uno scenario opposto a quanto previsto dalle prime ipotesi dei promotori della Tav, i quali sostenevano il pericolo della saturazione della linea storica – inaugurata nel 1871 – fin già dal 1997. Un’ipotesi oggi anacronistica: sul tracciato viaggiano circa 3 milioni di tonnellate di merci, che rispetto alla capacità della linea esistente – stimata dal governo in 26,7 milioni di tonnellate dopo l’ultimo ammodernamento – si avvicinano alla percentuale dell’80 per cento di capacità inutilizzata citata da Travaglio.

 

C’è da dire tuttavia che i sostenitori dell’opera ritengono che il calo del traffico di merci sia dovuto a problemi di offerta più che di domanda. In sostanza la linea oggi esistente non sarebbe competitiva (per la capacità di traino, le pendenze elevate, la lunghezza massima del convoglio, il tracciato tortuoso) rispetto al trasporto su strada. Dall’inizio degli anni Duemila ha in effetti perso circa il 70 per cento del traffico merci. Il nuovo tracciato, per esempio, ridurrebbe per più della metà la pendenza: questo comporterà la possibilità di utilizzare treni più lunghi e a più alta capacità.

 

Costa 20 miliardi!

Si sostiene che l’opera costi 20 miliardi di euro. Il commissario del governo Paolo Foietta nel 2012 ha scritto che il costo totale in effetti ammonta a 24,7 miliardi, di cui 8,7 per la parte italiana e 16 per quella francese. Una cifra che raddoppia nei calcoli dei critici sull’opera. In realtà l’opera sarà realizzata in diverse fasi funzionali. Il tracciato dovrà essere costruito in quattro fasi, la prima delle quali è rappresentata dalla realizzazione del tunnel del Moncenisio e dal potenziamento della linea esistente. Le fasi successive non sono state ancora programmate e saranno realizzate a seconda delle necessità della linea, che già dalla realizzazione della prima sarà operativa. Se quindi ci concentriamo solo sul primo stadio, per ora l’unico programmato concretamente, il costo si riduce a circa 9 miliardi e mezzo. Una cifra già rimodulata dalla project review decisa nel 2017 e che pesa sull’Italia per il 58 per cento (5,6 miliardi di euro), mentre il resto è di responsabilità francese. A queste somme va poi sottratto il contributo della Commissione europea, che dovrebbe finanziare l’opera per il 40 per cento. In effetti dal 2000 l’Ue ha erogato circa 400 milioni di euro e fino al 2019 prevede di stanziarne altri 813 (da dividere tra Italia e Francia). Se la quota europea fosse rispettata la partecipazione italiana si limiterebbe a 3,4 miliardi di euro fino al 2029, anno previsto per la conclusione dei lavori.

 

Quanto è stato già costruito?

In queste settimane gli opinionisti si dividono tra chi afferma che l’opera è già in fase di realizzazione e che dunque sarebbe irrazionale fermarla proprio ora, e chi invece – come Travaglio – ribadisce che non un solo chilometro è stato costruito.

 

Già realizzata è la cosiddetta “fase 0”, che sul territorio italiano ha previsto un potenziamento tecnologico del tracciato già esistente che verrà utilizzato dall’alta velocità. La prima fase, che prevede la realizzazione della sezione transfrontaliera, è attualmente in corso d’opera. Non i tunnel per la linea ferroviaria, ma i tunnel geognostici (in Italia a Chiomonte) utili a capire le caratteristiche del terreno scavato. Secondo il governo, terminata questa funzione preliminare, serviranno alla ventilazione, manutenzione e come uscite di sicurezza del tracciato principale. La parte francese invece è scavata proprio in asse con il tunnel definitivo, di cui sono stati scavati più di 5 km sui 9 complessivi. Basterà dunque allargare il foro per ottenere il tunnel definitivo.

 

Nel complesso, secondo l’impresa responsabile del progetto, a settembre 2018 era stato scavato il 14 per cento delle gallerie previste. Non è dunque corretto affermare che non sia “stato costruito un solo millimetro”, perché le opere e le spese già sostenute sono fondamentali per il proseguo del progetto. Sarebbe come affermare che la costruzione di una casa non è ancora iniziata, nonostante i lavori sulle fondamenta siano già a buon punto. Appare inoltre irrazionale concentrarsi sulle somme spese e sui lavori già terminati: questi soldi non torneranno indietro nel caso del blocco dell’opera, né giustificano la necessità di proseguirla. Sono semplicemente già stati spesi, irrecuperabili.

 

Il governo italiano si appella all’analisi costi-benefici in continuazione. Per quanto a primo avviso potrebbe sembrare un’argomentazione ragionevole per verificare la bontà di un investimento, in realtà appare sempre più una strategia per posticipare un dibattito interno alla maggioranza che potrebbe causare non pochi problemi. Lega e Movimento 5 stelle hanno posizioni opposte, esacerbate ancor più dal completamento dei lavori del Tap, altro chiodo fisso per Di Maio. Il tecnicismo della comparazione di costi e benefici pare una scappatoia per rimuovere le responsabilità politiche. Responsabilità invece ben evidenti: il governo è maggiormente interessato alla tutela ambientale, al collegamento veloce con la Francia, ad altre opere alternative, al mantenimento degli accordi internazionali pregressi? E’ (anche) questione di priorità. Ma il governo gialloverde – che con il passare dei giorni appare tutto fuorché solido – forse non ha il coraggio di aprire questo dossier. Ma dovrà farlo, con il rischio di esserne travolto.

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