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Perché è la Cina la nuova variabile per i mercati europei

Mariarosaria Marchesano

Svalutazione dello Yuan e rafforzamento dell'asse con il Regno Unito pongono il paese asiatico in una posizione di forza nonostante le tensioni con gli Stati Uniti di Donald Trump 

Milano. Mentre le Borse europee sembrano privi di particolare dinamismo, se non su singoli titoli movimentati dai risultati del primo semestre, gli osservatori di mercato sono sempre più concentrati sul crescente ruolo della Cina nello scenario economico globale. Messo alle strette dalla guerra sui dazi dichiarata dall'America di Donald Trump, il governo di Pechino ha dato il via nelle ultime settimane a una progressiva svalutazione dello Yuan, la moneta nazionale, con l'obiettivo (non dichiarato, ovviamente) di assorbire il colpo dell'aumento delle tariffe e recuperare competitività negli scambi con gli Stati Uniti (in realtà, ci potrebbero essere anche motivazioni legate al rallentamento generale dell'economia).

  

Una mossa che ha sollevato qualche preoccupazione a livello internazionale, oltre le ira di Trump che ha accusato il paese asiatico di concorrenza sleale. Il deprezzamento della moneta cinese, infatti, potrebbe trasformare il conflitto commerciale tra i due paesi in tensioni valutarie estese alle economie di mezzo mondo. E la frenata oltre le previsioni della produzione industriale manifatturiera registrata nel mese di luglio, fa pensare che non ci sarà un'inversione di tendenza nel breve termine di questa politica. In un recente report di Intermonte, lo strategist Antonio Cesarano prevede che in agosto lo yuan venga portato progressivamente in prossimità della soglia di 7 (nel rapporto col dollaro), se Tump solleverà la minaccia di dazi su tutto l'export cinese. Tale soglia è quella che di fatto renderebbe nulla per la Cina l'imposizione di nuove tariffe sul traffico degli scambi con gli Stati Uniti.

  

In questa fase così delicata dei rapporti con gli Stati Uniti, la Cina, però, non appare affatto isolata. Anzi, si muove a tutto campo per consolidare la propria egemonia sulla scena globale. Nella giornata di ieri è stata annunciato un nuovo accordo di libero scambio con il Regno Unito ed è di stamattina la notizia che il paese asiatico ha proposto alla Russia di collaborare allo sviluppo di nuovi motori per razzi spaziali confermando gli ambiziosi obiettivi di esplorazione extra terrestre. Di questi due nuovi fronti, il primo è senz'altro quello destinato a far sentire il suo peso nei prossimi mesi anche nell'area euro, che dovrà fare i conti con l'uscita della Gran Bretagna per effetto della Brexit.

  

L'asse tra il Regno Unito e la Cina, infatti, va ben oltre gli scambi commerciali poiché abbraccia la finanza e i mercati azionari, come dimostrano gli accordi di reciprocità per la quotazione delle società dei due paesi sui listini di Londra e di Shangai (il programma, non a caso, si chiama “Shangai Connect”) e l'ingresso dei fondi inglesi nel mercato del risparmio cinese. Sin dal 2013, quando ci fu l’annuncio di una consultazione popolare per uscire dall’Unione Europea, i mercati cominciarono a interrogarsi sul possibile spostamento dell’asse strategico britannico dall’Europa all’Asia, come spiegato con retroscena e aneddoti dall'avvocato d'affari italo-britannico Bepi Pezzulli nel libro “L'altra Brexit”. E ora che il disegno sta per compiersi, il rafforzamento dei rapporti tra Pechino e Londra sono di sicuro una nuova variabile geopolitica di cui i mercati europei dovranno tenere conto.

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