Il ministro degli Affari Europei, Paolo Savona (foto LaPresse)

L'Italexit non è un “cigno nero”, ma può diventare una profezia che si autoavvera

Luciano Capone

Nel suo saggio Taleb parla di un evento inatteso, Savona & Co. invece con il “Piano B” preparano l’avvento di una catastrofe prevedibile

Roma. Nella fauna politica italiana mancava solo il “cigno nero”. Nei giorni scorsi il ministro degli Affari europei Paolo Savona è tornato a parlare del “Piano B” per l’uscita dall’euro, la strategia di emergenza paragolpista che di notte, preferibilmente durante un weekend, dovrebbe condurre in sicurezza l’Italia fuori dall’Unione monetaria. “Potremmo trovarci in una situazione nella quale non saremo noi a decidere, ma saranno altri. Per questo dobbiamo essere pronti a ogni evenienza – ha detto alle commissioni congiunte di Camera e Senato – non ci si deve preparare a gestire la normalità, ma all’arrivo del cigno nero, lo choc”. “Il cigno nero” è un saggio del 2007 dell’epistemiologo e matematico libanese Nassim Taleb sui rischi e sull’incertezza, diventato ormai un classico. E come ogni classico – si pensi all’uso della formula “scontro delle civiltà”, titolo del saggio di Samuel Huntington – tutti ne parlano ma in pochi l’hanno letto e quindi compreso il significato. Un cigno nero non è semplicemente uno choc, ma è un evento estremo, imprevedibile, che fa saltare schemi consolidati. La formula di Taleb è l’equivalente della mosca bianca, si ispira alla “rara avis” di Giovenale, rara “come un cigno nero”, un esemplare che non era mai stato visto, che per i romani non esisteva, ma che gli europei scoprirono per la prima volta in Australia nel XVII secolo. Quel singolo avvistamento ha, inaspettatamente, disintegrato la convinzione millenaria che tutti i cigni fossero bianchi. Il cigno nero quindi deve avere due caratteristiche: deve essere un evento estremo, di grande impatto, e fuori dagli schemi, un outlier, qualcosa di mai osservato prima, inaspettato, quindi imprevedibile. Sono ad esempio cigni neri l’invenzione della ruota, la diffusione di internet, l’11 settembre, tutte cose dagli effetti dirompenti di cui con il senno di poi si riescono a identificare cause e spiegazioni che ex ante erano impreviste e inaspettate.

 

Ma l’uscita dell’Italia dall’euro non ha affatto queste caratteristiche. È sicuramente un evento estremo, dagli effetti distruttivi, ma non è affatto imprevedibile. Anzi, la nostra uscita dall’euro è talmente prevedibile che il rischio che si verifichi è costantemente misurato e prezzato dagli investitori e dagli osservatori, ad esempio attraverso lo spread e il rating sui titoli di stato. L’uscita dall’euro e la critica alla moneta unica sono stati i punti fondamentali del programma politico di Lega e M5s, nella bozza del “contratto” di governo c’erano richieste incompatibili con la permanenza nell’unione monetaria.

 

E, ovviamente, se l’Italexit fosse un “cigno nero” nessuno ne starebbe discutendo, non esisterebbero strategie per prepararsi perché non sarebbe prevedibile, e il ministro Savona e il suo gruppo di strateghi non avrebbero alcun “Piano B”. Se gli occidentali in Australia trovarono per caso i cigni neri di cui non conoscevano l’esistenza, sembra invece che alcuni esponenti della maggioranza e del governo stiano andando proprio a caccia del volatile che ci guiderà fuori dall’euro.

 

Poche ore prima dell’intervento di Savona, il principe dei No euro e responsabile economico della Lega Claudio Borghi ha detto cose analoghe. A margine dell’assemblea Abi, il presidente della commissione Bilancio ha dichiarato che con la fine del quantitative easing, senza una garanzia della Bce, basta una fake news sull’Italia e “la gente vende il nostro debito e nessuno lo compra”. E, casualmente, entrambe queste dichiarazioni sulla fragilità del debito italiano, da parte di due importanti esponenti del governo e della maggioranza, sono state fatte il giorno prima di due importanti aste di titoli di stato, con un potenziale effetto disastroso sui conti pubblici. Queste azioni e le loro conseguenze non sono imprevedibili, ma l’esatto contrario. Se chi ha responsabilità di governo, anziché fare tutto ciò che è necessario perché il paese resti nell’Eurozona, parla continuamente di una possibile uscita dall’euro e del Piano B, allora l’Italexit non sarà un cigno nero ma una profezia che si auto-avvera. Una sventura per il paese, ma probabilmente un desiderio che si realizza per alcuni.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali