Per Tim ha più senso l'odiosa Vivendi del “caos maker” Elliott

Alberto Brambilla

La differenza sta nelle opportunità di creazione di valore per le due categorie di partecipanti alla vita societaria: azionisti e obbligazionisti

Roma. Nella scena iniziale del western “Il mucchio selvaggio” una masnada di banditi vestiti da soldati assaltano la banca delle ferrovie che è difesa da uomini di legge in abiti da banditi. I buoni e i cattivi sono indistinguibili. Nelle battaglie finanziarie è comune non riuscire a capire chi è il buono e chi il cattivo, i colpi sotto la cintura sono la regola. La battaglia in Tim da parte del fondo attivista americano Elliott contro l’azionista francese Vivendi è paragonabile al “mucchio selvaggio”. La campagna di Elliott è iniziata con buon tempismo opportunistico, accumulando azioni fino al 9 per cento, prima delle elezioni approfittando del mood anti francese di tutti i partiti e del governo uscente.

 

L’esecutivo, attraverso il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, non fa mistero di volere respingere un azionista come Vincent Bolloré che tratta l’Italia come una “colonia”. Tanto che ha avallato l’ingresso di Cassa depositi e prestiti in Tim con il 5 per cento, segnando il ritorno dello stato nella compagine azionaria dell’ex incumbent per la prima volta dalla privatizzazione del 1997. L’anomalia è l’affiancamento di un investitore di lungo periodo come Cdp a un fondo con ambizioni di guadagno a breve termine.

 

Ma, al netto, della manovra spericolata o quanto meno irrituale quali sono le motivazioni e qual è il risultato da raggiungere? Le motivazioni di Elliott, in una presentazione pubblicata online a uso degli azionisti che intende coalizzare attorno a sé, ruotano sulla volontà di “liberare” Tim dall’azione “distruttiva di valore” di Vivendi che aveva occupato il cda agendo contro l’interesse degli investitori di minoranza. Il valore delle azioni è sceso del 30 per cento nel biennio di gestione di Vivendi è padrona. Elliott dice di volere modificare la governance inserendo membri indipendenti nel board, accelerare la creazione di valore per gli azionisti ripristinando il dividendo e convertendo le azioni risparmio in ordinarie. Le intenzioni del fondo di Paul Singer piacciono a Cdp e alla maggioranza dei proxy advisor (Glass Lewis e Iss) che raccolgono i voti degli investitori istituzionali, tra cui BlackRock e altri, per sfidare Vivendi nell’assemblea del 24 aprile.

 

Elliott vorrebbe cambiare sei membri del board in quell’assemblea, ma Vivendi ha fatto ricorso perché in precedenza aveva preso la muscolare decisione di fare decadere il cda imponendone il totale rinnovo nell’assemblea del 4 maggio. Al netto della disputa, Vivendi ha il 24 per cento dei diritti di voto, Elliott potrebbe radunare il 60 e vincere la prima fase della guerra, quella per il controllo della compagnia. E dopo? Si aprirebbe quella per la gestione. Elliott propone la vendita di alcuni asset rilevanti: il più importante è la rete telefonica da separare da Tim da unire all’operatore pubblico Open Fiber, oltre la vendita di Sparkle (cavi sottomarini) e Inwit (antenne) e una possibile aggregazione di Tim Brazil con un altro operatore locale. Il fondo però vorrebbe tenere come ad Amos Genish, proposto da Vivendi, ma cambiando il piano industriale triennale (DigiTim) da lui proposto in cui si prevede (cosa mai accaduta prima) lo scorporo legale della rete da mantenere però nel perimetro di Tim. Il management di Tim ha bocciato il piano di Elliott dicendo che le stesse opportunità erano già state esplorate in precedenza e giudicate “irrealizzabili”. 

 

Come valutare? Credit Sights, una società di analisi indipendente di Londra, per esempio, considera le opportunità di creazione di valore per le due categorie di partecipanti alla vita societaria: azionisti e obbligazionisti. Nel suo ultimo report dice che “nonostante le valide preoccupazioni circa il controllo di Vivendi preferiamo lo status quo rispetto all’incertezza del fine partita di Elliott, che ci aspettiamo essere molto concentrata sulla massimizzazione del valore per gli azionisti (come Elliott stesso, ndr) e potenzialmente non nel migliore interesse degli obbligazionisti”, che hanno bisogno di una prospettiva per prestare denaro a Tim, con profitto. Uscire dal mucchio aiuta a distinguere i cattivi dagli altri cattivi.

Di più su questi argomenti:
  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.