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Stato maldestro in libero mercato

Consob dovrebbe guardare Cdp-Tim per dimostrare di saper cambiare

Nell’ingresso nel capitale di Tim da parte di Cassa depositi e prestiti, al di là del profilo critico riguardo il senso industriale dell’operazione, c’è un vizio sostanziale che riguarda la modalità dell’irruzione in Borsa. A una settimana dall’annuncio di Cdp dell’acquisto del 5 per cento di azioni Tim in alleanza con il fondo attivista Elliott e a contrasto dei soci francesi di Vivendi è appropriato avanzare dubbi sulle modalità dell’annuncio “price sensitive”, e i relativi turbamenti del mercato e l’operato della Consob, del presidente designato Mario Nava. La notizia è stata battuta dall’Ansa il 4 aprile (ore 20.45) a mercati chiusi preannunciando “l’entrata in campo per tutelare gli interessi italiani” della Cdp che, controllata dal Tesoro, gestisce il risparmio postale. Più tardi il Sole 24 Ore online suggeriva la quota (3-5 per cento). Nella seduta di Borsa della giornata successiva – quando il cda discuteva e poi approvava l’operazione – il titolo Tim è salito del 12 per cento, ai massimi da 8 mesi. Un esposto di Codacons a Consob, procura di Roma, e Corte dei conti si chiede perché una fuga di notizie debba comportare maggiori oneri per lo stato in termini di un esborso più alto per l’acquisto delle azioni Tim e se siano identificabili i reati di aggiotaggio o insider trading. Nava sarà ufficialmente nominato presidente Consob lunedì prossimo, a un mese dalla designazione. Il ritardo è dovuto a personali trattative contrattuali – la questione ha riguardato il più remunerativo distacco dalla Commissione Ue, dove lavorava, rispetto all’aspettativa . Ieri ha detto di essere “ovviamente” pronto alle sfide; su Tim non commenta. Recupererà il ritardo con la solerzia per valutare un’operazione, che riguarda un ente pubblico, e nella quale s’è superato il galateo (le regole) del mercato?

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