L'Italia nel turbine che viene dalla Cina

Redazione
La disoccupazione cala (11,3 per cento), in linea con una crescita lieve e a rischio. Governo e Banca centrale cinese verranno chiamati a ristabilire la quiete. Dopodiché l’onere di contenere la paranoia generale dei mercati sarà in capo ai banchieri centrali, non esenti da recenti errori di valutazione.

Il tasso di disoccupazione nel mese di novembre è sceso ancora (11,3 per cento) mentre non sono aumentati i lavoratori inattivi. E’ una situazione di bonaccia mentre l’Europa sperimenta una disinflazione (la scomparsa dell’inflazione) con spiacevoli assaggi di deflazione (spirale di riduzione dei consumi). Quelli italiani sono dati positivi ma per nulla entusiasmanti che confermano una tendenza al miglioramento del mercato del lavoro. Tendenza che è coerente con la modesta ripresa del pil. Una ripresa fragile e minacciata da fattori interni e soprattutto esterni all’Europa che, lungi dall’essere una roccaforte rispetto ai rivolgimenti planetari in corso, conserva un certo appeal agli occhi degli investitori in relazione all’incertezza, al limite della paranoia, che si va diffondendo sui mercati finanziari mondiali. Gli scoppi di volatilità nel corso del 2016, secondo diversi analisti di mercato, saranno una costante per i prossimi mesi e metteranno a dura prova i nervi degli investitori. George Soros, finanziere ungherese-americano considerato la Cassandra dei circoli elitari, ha detto che la défaillance odierna dei mercati richiama quella del 2008, con la differenza che la prima minaccia alla stabilità viene dalla Cina che scarica sugli altri le sue manchevolezze nella gestione dell’economia: “La Cina sta lottando per trovare un nuovo modello di crescita e la svalutazione della sua moneta non è altro che il trasferimento dei problemi al resto del mondo”.

 

La svalutazione rapida dello yuan ha acuìto i timori degli investitori circa la possibilità che la crescita cinese sarà inferiore ai desiderata del governo, data la prolungata contrazione dell’attività manifatturiera. Le Borse cinesi hanno accusato pesanti ribassi lunedì e giovedì. La misura dirigista di interrompere gli scambi una volta toccati ribassi del 7 per cento si stava rivelando controproducente ed è stata sospesa giovedì dalla commissione che vigila sui mercati, limitando i danni del contagio sui listini occidentali. Governo e Banca centrale cinese verranno chiamati a ristabilire la quiete. Dopodiché l’onere di contenere la paranoia generale dei mercati sarà in capo ai banchieri centrali, non esenti da recenti errori di valutazione. A settembre la Fed ha deluso rinviando a dicembre l’inizio della stretta monetaria, stretta che si scopre con le minute del meeting chiave di fine 2015 è sì stata decisa all’unanimità ma alcuni membri del direttivo covavano riserve sui risultati di lungo termine dell’operazione. La Bce ha chiuso il 2015 con un errore di comunicazione circa l’espansione del programma di Quantitative easing, deludendo i mercati, e dovrà presto rispondere alle richieste di ulteriori stimoli. Tito Tettamanti, prominente finanziere svizzero, ha detto che Draghi è stato “ingannato” dai politici che non hanno fatto le riforme. C’è del vero, ma il discorso “tecnocrati vs politici”, oltre a essere antico, rischia di deviare dalle reciproche per quanto molto differenti, nel bene e nel male, responsabilità.  

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