Mario Draghi (foto LaPresse)

Leggere Draghi a Berlino

Redazione
Il Qe2 in potenza, la stampa tedesca torna critica, le tesi di Weidmann

La Frankfurter Allgemeine Zeitung, ieri, dopo che Mario Draghi aveva detto due giorni fa di essere pronto a valutare un’estensione e un potenziamento dell’acquisto di titoli di stato e asset (Qe), ha pubblicato un ritratto al vetriolo del presidente della Banca centrale europea, sottolineando che la sua politica di compressione dei tassi d’interesse minaccia sempre più il risparmiatore tedesco. Obiettare a politiche monetarie ultra espansive è legittimo, sotto alcuni aspetti anche corretto, visto che prima o poi questa nuova dipendenza delle economie occidentali dovrà essere interrotta. Detto ciò, con la nostra crescita anemica e i dati dell’inflazione ancora lontani dagli obiettivi (anche statutari) della Bce, la flessibilità e la chiarezza di Draghi paiono una garanzia.

 

La reazione dei mercati alle parole del governatore offre qualche conferma. Tuttavia sono soprattutto le critiche di stampo politico e moralistico made in Deutschland ad apparire deboli. Jens Weidmann, il governatore della Bundesbank, non solo ha convinto il governo tedesco – come scritto dal Foglio già una settimana fa, e ieri anche dal Corriere della Sera – a stoppare la riforma dell’Unione bancaria. Weidmann ha sempre sostenuto che il Qe di Draghi elimina qualsiasi incentivo alle riforme e al risanamento dei conti. Basterebbe il caso italiano a dimostrare l’opposto, visto che il governo Letta (pre Qe) si caratterizzò per il suo immobilismo e quello Renzi (a Qe vigente) ha approvato riforme lodate pure a Francoforte (vedi Jobs Act o trasformazione in Spa delle grandi Popolari). Ieri poi Eurostat ha fatto sapere che nel secondo trimestre dell’anno il rapporto deficit/pil nell’Eurozona è calato al 2 per cento (con il Qe in vigore) rispetto al 2,1 dei primi tre mesi (quando il Qe era solo annunciato). Numeri su cui Weidmann & co. potrebbero riflettere.