Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (foto LaPresse)

Eresie radicali in cambio di flessibilità

Redazione
Il modello Marchionne e la giusta scuola per conquistare spazio fiscale. E' sulla radicalità della riforma che si misurerà la capacità del premier.

Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha smentito “in quanto frase assurda e volgare” di aver mai minacciato l’abolizione del Senato “per farci un museo”. Perché assurda? Meglio un museo che trasformare Palazzo Madama in un mega-ente inutile, anzi pericoloso se diventasse luogo di manovre di amministratori locali che, salvo eccezioni, non danno prova di gestire al meglio la cosa pubblica. Dunque al di là del ridimensionamento della minoranza del Partito democratico, è sulla radicalità della riforma che si misurerà la capacità del premier. Ma radicalismo è parola tabù in Italia, paese di storici riti consociativi, mentre altrove identifica le vere classi dirigenti: vedere alle voci Gran Bretagna, Germania, Spagna, e anche Stati Uniti sotto le presidenze più forti. Si tratta delle migliori e più dinamiche democrazie mondiali; al contrario la Francia, consociativa quasi quanto l’Italia, arranca, e noi la seguiamo.

 

Nonostante il Jobs Act, che va bene ma che non si può continuamente rivendere – a Bruxelles o all’opinione pubblica – come il Colosseo, e che poteva essere molto più incisivo estendendolo al settore pubblico. Si chiede più flessibilità all’Europa, bene, e in cambio di cosa? Ancora nel campo del lavoro c’è adesso l’occasione per un altro passo avanti, se il governo limiterà – come dice – sgravi e incentivi alle aziende che applichino i contratti di secondo livello e regole di rappresentanza sindacale in stile Marchionne (ma anche qui si può guardare alla Germania). Ne guadagnerà la produttività delle imprese, ancora più l’efficienza e la trasparenza del settore pubblico se stavolta, come è logico pretendere, non si faranno eccezioni. E recupererà credibilità il sindacato che non può perpetuare il bluff dei tesserati pensionati. L’esempio della gloriosa Uaw (United Auto Workers Union), descritto ieri su queste colonne da Stefano Cingolani, è sotto gli occhi di tutti.

 

[**Video_box_2**]Altrettanto radicalismo andrebbe ripristinato su altri fronti: le liberalizzazioni, visto che i sacrosanti progetti del ministro dello Sviluppo Guidi rischiano di uscire spuntati dalla navetta parlamentare del ddl Concorrenza; la spesa pubblica dove non si taglia quasi nulla; la giustizia dove i magistrati che sbagliano continuano a non pagare, nonostante scandali internazionalmente certificati tipo Perugia o tipo Contrada.

 

Poi c’è la scuola: tra un anno vedremo se i precari diverranno un’altra riserva protetta a carico dei contribuenti, in stile “esodati”. Renzi aveva promesso guerra violenta alla burocrazia, mostrando dunque di capire quanto manchi alla cultura politica italiana il senso dell’eresia radicale. Finora ha cercato di domare i poteri più deboli di lui: adesso alzi il tiro.

 

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