Richard Serra (Ansa)

In memoria/1

La leggerezza dell'acciaio per ridisegnare lo spazio: Richard Serra (1938-2024)

Giulio Silvano

Dal disegno alla pittura, dagli animali impagliati alla gomma e al piombo e infine l’acciaio, che l’ha reso famoso. È stato il più importante scultore americano del secondo Novecento, è morto ieri a 85 anni

Richard Serra è stato il più importante scultore americano del secondo Novecento ed è morto martedì. Negli anni Sessanta, da giovane studente, insieme all’amico Philip Glass, andava tardi la sera alla Coupole dove sapeva che quell’animale notturno di Giacometti sarebbe arrivato verso le due, con i capelli impiastricciati di gesso e malta, in compagnia di Beckett. “Ero una sorta di groupie di Giacometti”, raccontava in un’intervista. Dopo una laurea in Letteratura e studi di arte a Yale, Serra era arrivato nella Parigi degli esistenzialisti, a distanza di decenni ancora influenti sul suo pensiero. Ma nel soggiorno francese soprattutto Constantin Brancusi – andava quasi ogni giorno a visitare il suo studio – aveva contribuito a farlo spostare dalla pittura alla scultura. Ricorda che già da bambino camminando sulla spiaggia della sua San Francisco si meravigliava per come le impronte lasciate sulla sabbia cambiassero prospettiva con il movimento, con il punto di vista, una precoce attenzione alla spazialità che sarebbe diventata il tema delle sue sculture.

Importante anche l’influenza dei giardini zen quando visitò Kyoto negli anni 70. Dal disegno alla pittura agli animali impagliati alla gomma al piombo e infine l’acciaio, che l’ha reso famoso. Al Guggenheim di Bilbao o al Lacma o al Moma – quello che i Vampire Weekend chiamano uno skatepark – si cammina tra le pareti che ha costruito ed è come fare un percorso meditativo senza la bullshit. Un viaggio diverso per ognuno di noi. “Ho usato tonnellate di acciaio per raggiungere la leggerezza”, diceva. Esperienza del camminare dentro o intorno a qualcosa. Spirali e corridoi. Labirinti minimali. L’insostenibile leggerezza dell’acciaio. E poi l’arte pubblica monumentale, in Germania e nel deserto del Qatar, monoliti che creano un punto di riferimento in uno spazio senza confini precisi. 

“Cos’è la cosa più interessante dell’arte?”. “L’arte è gioventù inaspettata. Prende sempre una direzione che non avevi potuto prevedere, perché l’arte non è lineare”. Legatissimo al disegno come pratica quotidiana, le sue sculture sono come schizzi nello spazio. Produceva anche dei filmini performativi, ad esempio dove l’artista cercava di afferrare al volo con la mano un pezzo di metallo. Più invecchiava più tornava a raccontare l’importanza della sua infanzia. “Un’infanzia felice”, diceva. Vedeva come un momento di trasformazione il giorno in cui padre, che faceva il tubista, lo portò per il suo quarto compleanno in un cantiere navale a vedere un varo. La barca enorme che colpisce l’acqua, e poi galleggia e in quel momento capì che “un oggetto può diventare leggero, quella quantità di tonnellate può diventare qualcosa di lirico. Per me quel momento è diventato un sogno ricorrente”. Da bambino disegnava, disegnava ogni sera e lo faceva per i suoi genitori, che lo spronavano continuamente, e per avere la loro attenzione, in contrasto con quella che riceveva invece suo fratello, più atletico, sportivo, muscoloso. Non erano per niente ricchi i Serra e la madre si faceva dare rotoli di carta dal macellaio che poi il piccolo Richard stendeva per terra, sul marciapiedi, e su cui disegnava senza sosta. Alle elementari la maestra aveva appeso decine di suoi disegni in classe. Sua madre, quando lui aveva 7 anni, lo chiamava “Richard Serra, mio figlio, l’artista”. “L’incoraggiamento ti porta ad avere fiducia in te stesso”, diceva lui. Cos’è il talento senza la fiducia?

Richard Serra aveva 85 anni. Qualche tempo fa gli avevano diagnosticato un tumore al canale lacrimale. Per guarire gli avrebbero dovuto togliere un occhio. Ha preferito non procedere con l’operazione. 

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