Sergio Staino disegnò la sinistra smarrita fra i dubbi del come eravamo e cosa sarebbe bello diventare

Chicco Testa

Un romantico ma con pochi grilli per la testa. Faceva domande sia ai rampanti nuovi politici della sinistra, a cui cercava di ricordare valori e motivazioni che temeva andassero perse, sia ai militanti tutti d’un pezzo, a cui rimproverava l’ottusità del rimpianto del piccolo mondo antico

Staino era soprattutto un essere generoso. Pronto in qualsiasi momento a gettarsi in qualche nuova avventura, a dare una mano a varie cause, anche quelle perse, ma secondo lui giuste. Un romantico? Anche, ma con pochi grilli per la testa. 

 
È stato descritto come un conservatore nostalgico del vecchio Pci, un militante sempre deluso e corrucciato. Niente di più sbagliato. È stato invece creatore di quel Bobo che si aggira nella politica della moderna sinistra, certo con la bussola del paragone rispetto a “come era prima”, ma dubbioso, più pieno di interrogativi che di risposte. Staino non era un conservatore, ma uno che faceva domande di certo sì. Ma le faceva sia ai rampanti nuovi politici della sinistra, a cui cercava di ricordare valori e motivazioni che temeva andassero perse, sia ai militanti tutti d’un pezzo, a cui rimproverava l’ottusità del rimpianto del piccolo mondo antico. Prova ne sia la sua storia complicata, ma certo non pregiudizialmente ostile, all’avventura renziana. Fino ad accettare la direzione dell’Unità, richiamata in vita proprio da Renzi.

  

Faceva il paio nell’immaginario di sinistra con Altan, quello del “mi vengono in testa idee che non condivido”, combattuto fra le certezze e i tanti dubbi che la rottura operata da Achille Occhetto e poi dal nuovo millennio avevano portato nell’immaginario di sinistra. Né gli mancava il senso del realismo, di ciò che è possibile, visti i rapporti di forza. E in questo mostrava di avere ben capito la lezione del vecchio Pci, molto più di tanti nostalgici abbarbicati a presunte certezze rivoluzionarie prive di ogni prospettiva. Era veloce Staino. Non ci vedeva più negli ultimi anni, ma era uno spettacolo guardarlo dettare al figlio le vignette che gli nascevano in testa sempre a commento della battuta fulminante che le precedeva. Detestava il fighettismo di certa sinistra slow, memore della fame patita dalle sue parti, le mode gauchiste prive di riferimenti alla realtà, sentiva più di tanti leader politici cosa pensasse veramente “il popolo” su temi delicati, di frontiera.

 

Forse gli si addiceva quella definizione di Berlinguer che ebbe a definire il partito da lui diretto come “conservatore e rivoluzionario”, un ossimoro non lontano dalla realtà e dall’atteggiamento di chi vuole cambiare il mondo stando con i piedi ben piantati per terra.

 

Lo saluto con una delle sue battute fulminati e piuttosto riassuntive del modo che aveva di guardare certe manie. Un maiale dice a Bobo: “Sono allevato con mangimi Ogm ma tu che ti opponi mi mangi lo stesso”. Bobo: “È una domanda o mi stai dando del cretino?”.

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