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Odio le mostre /5

Il teatro del divino di Giovanni Gasparro fa venir voglia di inginocchiarsi

Camillo Langone

La mostra a Molfetta dell'artista pugliese, campione vivente dell'arte sacra, potrebbe essere di ispirazione per l'imminente Sinodo di Roma

Il Sinodo dovevano farlo a Molfetta, mica a Roma. Anzi dovevano farlo a Bari nel cui San Nicola si respira davvero un’aria ecumenica, non il pesante fiato vaticano dell’Aula Paolo VI, e nella cripta interconfessionale si poteva chiedere ai fratelli ortodossi cosa pensano del sacerdozio femminile. Sarebbe stato bello e magari perfino un po’ cristiano un sinodo a Bari con annesso pellegrinaggio nella vicina Molfetta, la piccola città peschereccia di Gaetano Salvemini e Riccardo Muti e della mostra di Giovanni Gasparro al Museo diocesano: “Il nuovo teatro del divino”. Che chiude il 29 proprio come il Sinodo.

Perché i quadri dell’eccellente pittore, campione vivente dell’arte sacra, sarebbero stati di ispirazione. Essendo Gasparro molto evidentemente un ispirato. L’artista di Adelfia, paese dell’entroterra, è un consacrato della pittura figurativa. Appena quarantenne ha già un curriculum chilometrico di mostre e i suoi dipinti si trovano nelle chiese e nelle case di mezzo mondo, ovunque ci siano cattolici-cattolici ossia credenti nella Divina Rivelazione “vincolante per sempre e immutabile”, per dirla con i cinque cardinali che vedono all’opera nel Sinodo l’Umana Mistificazione. Una fede che è anche uno stile, un’estetica, una pennellata. “Spagnola” la definì Enrico Robusti, altro pittore eccellente e però del filone profano, un giorno che stavamo bevendo Lambrusco nel suo studio di Parma. L’aggettivo scaturiva dall’affinità gasparriana con lo Spagnoletto, José de Ribera. Mentre lascerei perdere il Caravaggio citato sul libro delle firme della mostra. Prima del commento mio (“Tanta roba, tanto da scrivere”) ho dovuto leggere: “Un Caravaggio contemporaneo!”. Cosa caspita c’entra Caravaggio? Gasparro è pittore e Caravaggio è fotografo, avanti lettera ma fotografo. A parte che il pugliese non ha mai ammazzato nessuno, al contrario del lombardo, e non me lo vedo proprio per bordelli e taverne.

Gasparro è devotissimo, lo ricordo compito chierichetto nella messa in latino celebrata da don Nicola Bux a Bari Vecchia, chiesa di San Giuseppe. Teologicamente più ferrato di molti preti è nel mondo dell’arte contemporanea, lo si capisce bene, caso a sé stante. Anche nella Chiesa contemporanea, dove nell’alto clero abbondano vescovi e cardinali capaci di benedire l’astrazione ossia l’apostasia. Dipinge la Madonna e i Santi da sempre, da prima che qualcuno cominciasse a commissionargli questi soggetti. E crede nella Madonna e nei Santi, diversamente dai tanti pittori agnostici che dipingono indifferentemente Gesù o Visnù, basta pagare.

Nessun prezzolato artefice avrebbe mai perso tempo con un soggetto estremo e pressoché sconosciuto quale il Torchio Mistico. Il nostro eroe l’ha fatto ed ecco in mostra a Molfetta la resurrezione di un’iconografia abbandonata da secoli e si capisce il perché: troppo cruda, troppo sangue. Potrebbe piacere a Mel Gibson… Che una tela così ardua e inattuale sia stata dipinta, e che poi sia uscita dallo studio dell’artista (fatto inspiegabile per chi conosca le conflittuali dimensioni dell’opera e della porta), sono eventi che hanno del miracoloso. Io l’ho vista la porticina e secondo me un quadro 270x180 centimetri può essere passato di lì come la casa della Madonna può essere arrivata a Loreto: grazie agli angeli.

A proposito, si parlerà di miracoli al Sinodo? Non mi risulta siano in agenda ma chiederò a Matzuzzi. Intanto mi sembra che in questo Concilio Vaticano 2 ½ o 3- vogliano discutere di abolizione del celibato sacerdotale, di sacerdozio femminile, di crisi climatica… Erotismo, femminismo, climatismo: cristianesimo non pervenuto. Ecco perché ci voleva il pellegrinaggio a Molfetta. Nelle sale del Museo diocesano tutto è animato da Cristo, tutto ruota intorno alla Croce in un vortice di calici, bibbie, paramenti, mani (specialità dell’artista), mitrie, candele, tiare, corone, visioni, ferite sanguinanti, documenti papali, strumenti di tortura... Dovevano proprio venirci i 449 partecipanti che non sono 449 padri sinodali siccome fra loro ci sono 81 donne, 54 con diritto di voto. Dove andremo a finire? Nel morente anglicanesimo andremo a finire, se si continua così, se Burke e Sarah non riusciranno a fermare la frana mondana arriveranno le vescovesse, magari lesbiche come Cherry Vann, titolare della diocesi di Monmouth in Galles (“attualmente vive insieme all’amata Wendy e ai loro due cani” assicura Gay.it). E dai templi uscirà lo Spirito Santo e noi con lui.

Gasparro sulla donna cristiana ha idee chiare e pennello fermo. Una Maria Bambina dolcissima nella sua veste azzurra, da lacrime agli occhi. Una Madonna madre trepida nella Sacra Famiglia in collezione privata a Valenzano. Una Santa Gemma Galgani incoronata di spine sotto il Cristo torchiato. Una Santa Rosalia che si toglie la vanitosa collana di perle per seguire umilmente Gesù apparsogli allo specchio. Se venisse a Molfetta la teologa Cettina Militello avrebbe di che svenire o ululare, lei che dal cappello del Sinodo vorrebbe che uscissero le sacerdotesse. Lo stesso nome delle invasate di Dioniso, le baccanti che in preda al furore squartavano i maschi. Secondo la suffragetta del Marianum (insegna in quella pontificia facoltà) “la cultura è ancora segnata dall’ipoteca patriarcale e la chiesa cattolica ne è l’ultima custode”. Nella presente orgia di profanazione, deculturazione, demolizione, ultimo custode appare anche Gasparro: dell’arte sacra, di una pittura di carne e fede. Lui, l’artista che Pupi Avati (un suo testo in catalogo) definisce “strabiliante, spaventoso e commovente” e che Roger Scruton (feci in tempo a mostrarglielo) giudicò “incredibilmente competente”. Senza nemmeno essere stato al Museo Diocesano di Molfetta, senza avere visto a confronto, distanti pochi centimetri, il grande San Nicola Pellegrino di Gasparro e il piccolo (in tutti i sensi) San Nicola Pellegrino del settecentesco Giaquinto. Più bravi i pittori di una volta? Ma chi l’ha detto? Ma ce li avete gli occhi?

Odio le mostre perché sono liturgie profane. Ma di fronte a questa mostra di Gasparro sento il bisogno di inginocchiarmi.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).