(foto Unsplash)

l'intervista

La filosofa Kathleen Stock: “Da ultra minoritarie, le idee sul gender stanno cambiando la società”

Giulio Meotti

L’accademica, costretta a dimettersi dopo il boicottaggio (anche violento), parlerà oggi alla Fondazione Einaudi di Roma

Poster, volantini, petizioni, lancio di lacrimogeni, intimidazioni fisiche fuori dall’università… Una mite studiosa trattata come una criminale di guerra e l’università che le consiglia di andare a lezione con una scorta. Alla fine, Kathleen Stock si è dimessa dal suo incarico a seguito di un’incessante campagna di linciaggi e character assassination che non ha precedenti nella recente storia delle università europee. Studenti dell’università, attivisti esterni e suoi colleghi avevano accusato la 48enne docente di “transfobia” e si erano mossi perché fosse licenziata. “La tensione a cui è sottoposta Stock è palpabile: è scoppiata in lacrime due volte durante la nostra conversazione”, scrive il Financial Times. “A un certo punto, siamo stati interrotti dalla consegna di una telecamera di sorveglianza, che la polizia le aveva detto di installare”. Stock si definisce una “femminista gender-critical”, nel senso che crede che il sesso biologico sia importante e che essere nata donna comporti diritti che non dovrebbero essere estesi a chiunque si identifichi con quel genere. La filosofa si confronterà oggi a Roma con gli studenti della Scuola di liberalismo della Fondazione Luigi Einaudi, per affrontare il tema dei diritti.

 

No, non mi pento di essermi dimessa”, dice Stock al Foglio. “Ero infelice perché le mie idee erano controverse e sono stata molto ostracizzata. Il modo in cui me ne sono andata è stato a dir poco stressante. E oggi sono felice di non essere più nell’università. Nella mia università ho ricevuto messaggi privati di colleghi, ma non pubblici, che erano gli unici di cui avevo bisogno. Ci sono accademiche oggi che si sostengono a vicenda, ma non siamo ancora abbastanza per la libertà di parola”. 

 

Colpisce la rapidità con cui le università hanno capitolato. “L’educazione universitaria ha un certo background economico che ha sempre meno pluralismo politico e ideologico. Poi sul gender e il sesso c’è una visione ristretta e quasi obbligatoria, attraverso la presenza di certe organizzazioni che hanno una influenza profonda sulle burocrazie accademiche, che devono avere certe posizioni. In Europa il woke non è ancora prevalente come nei paesi anglosassoni e come in America. E’ difficile oggi andare contro il woke, sei subito ‘razzista, omofobico, transfobico’… Solo alcune, poche voci controllano il discorso”. 

 

Per il grande pubblico, la discussione sul gender e il sesso è ultra minoritaria, da sesso degli angeli. “Devono capire che questa ideologia di minoranza è stata trasformata in legge”, ci dice Stock. “In molti paesi con un semplice atto di dichiarazione un uomo diventa una donna, legalmente. Parliamo di persone che non fanno operazioni chirurgiche, non cambiano sesso, ma si dichiarano semplicemente ‘donna’. In alcuni paesi un uomo entra in rifugi per sole donne. Gli uomini competono con le donne. Poi ci sono i bambini. Bambini a cui sono stati dati trattamenti medici perché sono ‘nati nel corpo sbagliato’.

 

Uno scandalo medico. In alcuni paesi, fino a metà delle classi, si dicono transgender. E alcuni prendono farmaci per cambiare corpo. E alcuni si pentono. Queste idee radicali stanno modificando profondamente la società”. Ma c’è anche un altro pericolo. “Il rischio non è solo rimuovere le protezioni alle donne e ai bambini. C’è anche un rischio culturale per la libertà di parola. Vogliono controllare il pensiero. Pensano che il discorso è violenza, che le parole sono pericolose. E vogliono chiudere la bocca a chi non la pensa come loro. Totalitarismo”. E non si fermano  all’ambito accademico. “Ora puntano a  Dahl, all’intrattenimento, all’arte, al mondo del lavoro. Stanno ampliando il  programma. Dove si fermeranno?”. Stock, per concludere, avverte l’Italia: “Su gender e sesso, state in allerta. Non avreste mai detto che la Spagna avrebbe seguito gli anglosassoni e invece ora ha una legge per cui anche i minori possono diventare donne con una dichiarazione all’anagrafe. Anche in Italia dovete temere questa ideologia. Spero che resistiate”.

Di più su questi argomenti:
  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.