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ItsArt, it's closed. Sangiuliano liquida la Netflix di Franceschini

Luciano Capone

Il ministro della Cultura decide di non rifinanziare ItsArt, che in meno di un anno ha perso circa 7,5 milioni di euro. Così il 29 dicembre Cdp ha messo in liquidazione quella che l'ex ministro del Pd lanciò come la "Netflix della cultura italiana"

Di certo non avrà aiutato il nome inglese, dato che recentemente il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha lanciato una battaglia culturale contro l’abuso “dei termini anglofoni”. Ma il vero problema, forse insormontabile, di ItsArt era economico più che linguistico: troppe perdite ed entrate praticamente inesistenti. E così il ministro Sangiuliano ha deciso di chiudere, dopo appena un anno e mezzo, quella che il suo predecessore Dario Franceschini aveva lanciato come la “Netflix della cultura italiana”: ItsArt entra in liquidazione.

 

L’idea, partorita da Franceschini nel 2020 durante il lockdown che aveva messo in ginocchio il settore della cultura, era quella di creare “una piattaforma italiana che consenta di offrire a tutto il mondo la cultura italiana a pagamento, una sorta di Netflix della cultura”. La startup dello Stato imprenditore avrebbe dovuto sfidare i colossi privati ed esportare a livello globale la cultura italiana per “prioettarla nel futuro”. Dopo un anno viene così fondata ItsArt, una partnership tra Cassa depositi e prestiti (Cdp) al 51% e Chili al 49%: il socio pubblico versa circa 10 milioni, messi dal governo Conte con il decreto “Rilancio” attraverso una convenzione tra Mibact e Cdp, mentre il socio privato mette sostanzialmente la piattaforma tecnologica.

 

Si parte a maggio 2021, ma già a dicembre i risultati sono disastrosi: secondo il bilancio, nel primo anno di attività, ItsArt ha registrato una perdita di quasi 7,5 milioni di euro (7.447.411 euro, per la precisione). Il problema non sono tanto i costi di produzione, pari a 7,7 milioni di euro, spesi principalmente per servizi (5 milioni), beni (1 milione) e personale (900 mila euro). Ma soprattutto i ricavi, praticamente inesistenti: appena 245 mila euro. Anche perché, in realtà, le entrate effettive sono molto più basse. Secondo il bilancio della società, infatti, tra i 245 mila euro di fatturato ci sono 105 mila euro di “ricavi verso controparti business in modalità di barter transaction”, che sono in sostanza uno scambio di servizi con altre aziende, che quindi comporta uscite di pari importo. I ricavi diretti, quelli cioè effettivamente pagati dai consumatori per lo streaming, sono invece solo 140 mila euro. Da un calcolo fatto dal Foglio lo scorso giugno sul numero di utenti registrati, che oscilla tra 140 mila e 200 mila unità, emerge che la spesa media di un utente registrato è stata tra 70 e 95 centesimi all’anno. Non sono disponibili dati sul 2022 ma, vista la decisione di liquidare ItsArt, non devono essere stati migliori.

 

In brevissimo tempo la società ha esaurito la riserva da 9,8 milioni messa dal governo. Così si arriva alla chiusura. La decisione formale è stata presa dai soci, ovvero Cdp e Chili, che con una lettera al ministero dello scorso 29 dicembre hanno comunicato la messa in stato di liquidazione di ItsArt. L’atto verrà formalizzato nei prossimi giorni con il passaggio di consegne ai liquidatori. Ma tutto è stato preceduto da una decisione politica: a novembre Cdp, che ha attuato il progetto franceschiniano senza crederci molto e senza metterci soldi suoi, con una lettera fa presente lo stato comatoso della società e chiede al ministero della Cultura se intende rifinanziarla. Al ministero non c’è più Franceschini ma Sangiuliano, che dice di no. Di conseguenza si arriva alla messa in liquidazione.

 

ItsArt è la seconda startup tecnologica di Franceschini che non ottiene il successo sperato. Nel 2015 creò il portale del Mibact “Verybello.it”, che avrebbe dovuto rilanciare l’immagine dell’Italia nel mondo e attirare milioni di turisti. Anche quello finì very male, chiudendo nel giro di un paio d’anni. Soldi sprecati, ma nulla in confronto al “Bonus facciate”, altra misura ideata da Franceschini, che secondo i dati della Guardia di Finanza ha prodotto miliardi di euro di truffe, di gran lunga più di ogni altro bonus edilizio. Per i contribuenti il mattone è stato molto più caro dello streaming.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali