(Foto di Ansa) 

cannes 2022

I cinema perdono pubblico ma il colpo di grazia è l'ultimo film di Cronenberg

Mariarosa Mancuso

Gli avvertimenti all'umanità tramite i bisturi di "Crimes of the future" fanno applaudire le sale di Cannes ma tra i film in concorso al festival solo “le otto montagne” con Borghi e Marinelli può sbancare i botteghini

Riecco il venerato maestro del post-umano. Nei ricordi di ogni spettatore cresciuto con il cinema – non con i social o i videogiochi che corrompono la gioventù – c’è un vassoietto con pinze, bisturi, divaricatori e altri strumenti di tortura a noi ignoti. “Strumenti ginecologici per donne mutanti”, spiega uno dei due gemelli ginecologi con la faccia di Jeremy Irons, nel film di David Cronenberg “Inseparabili”.
Il canadese arriva a Cannes in concorso, dopo una pausa creativa che dura dal 2014. Non dev’essere finita: ha ripescato una storia scritta 20 anni fa. Mossa fatale al cinema e in letteratura, soprattutto per chi traffica con la fantascienza. Mentre noi siamo qui calcolare i danni dell’immateriale e del virtuale, i suoi “Crimes of the Future” sono carnali. Nel senso della sala anatomica. Dice Kristen Stewart, l’unica che nel film recita così bene da far sembrare credibili gli assurdi dialoghi: “La chirurgia è il sesso del futuro”. Lo dice fremendo, con gli occhi bassi, da pudica signorina dell’archivio colta da improvvisi sussulti erotici. 

 

https://youtu.be/MCAnQIs_kAs
  
La frase precedente non è woke, ma era peggio dire “zitella”. Cronenberg scruta i corpi futuri, insensibili al dolore e capaci di generare al loro interno nuovi organi. Viggo Mortensen è particolarmente soggetto alle mutazioni, dorme in una specie di guscio massaggiante. Si fa togliere di volta in volta l’organo nuovo in una performance artistica con Léa Seydoux, che in abito rosso da sirena maneggia il bisturi. Qui sono fuggiti dalla sala gli spettatori che non erano scappati dopo la prima scena. Altri usciranno più avanti. La proiezione ufficiale, presente il regista, ha avuto secondo Variety 7 minuti di applausi.

  
La proiezione per stampa e blogger – i nerd cronenberghiani si riconoscono subito, sono un po’ retrò e fanno poche docce – ne ha avuti molti meno. Nonostante la morale: produciamo tanti rifiuti, dobbiamo imparare a nutrirci di plastica come succede a un bambino mutante (autopsia a tutto schermo, altri spettatori in fuga: massacrate quanti adulti volete e nessuno farà una piega, ma guai a toccare cani e bambini).

 
Il post-umano – neonato con spina dorsale in titanio, come la placca che ha aggiustato la testa della madre – aveva trionfato l’anno scorso con “Titane” di Julia Ducournau. Un bis parrebbe fuori luogo, anche i cinema francesi hanno perso più di un terzo degli spettatori. La metà di loro si divide tra chi “ha perso l’abitudine” e chi “non trova film di suo gusto”, secondo un sondaggio del Centre National du Cinéma et de l’image animée. Non si sente il bisogno di un’altra Palma d’oro che infierisca sui pochi spettatori rimasti. Tra i film in concorso, solo “Le otto montagne”, dal romanzo premio Strega di Paolo Cognetti, può sperare nelle sale piene. 

  
Park Chan-wook un premio speciale l’ha già vinto. Nel suo film “Decision to Leave” – quando si archivia un caso – usa con profitto i telefoni cellulari, solitamente d’impiccio nei thriller (peggio ancora nell’horror, non c’è mai campo per chiamare aiuto). Il detective Hae-jun di Busan è ossessionato da un caso non risolto, soffre d’insonnia e gli toccano i pedinamenti notturni, con i rimbrotti della moglie salutista e trascurata. 

  
Trovano il cadavere di un uomo giù da un dirupo. Suicidio? Incidente? Oppure l’ha ucciso l’affascinante consorte Seo-Rae, immigrata clandestina più giovane di lui? Lei lo guarda da femme fatale, solo più dolce. Il detective vacilla. Forse la donna è davvero innocente, anche se le circostanze sono tutte contro. Seguono colpi di scena. Troppi, per un regista che prende a modello il più preciso e sintetico Hitchcock.

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