(foto EPA)

Cannes senza suspense (causa spoiler di Spike Lee)

Mariarosa Mancuso

Il vincitore della Palma d'oro ("Titane") annunciato per sbaglio dal presidente della giuria. Caleb Landry Jones miglior attore. Farhadi e Veerasetakul si spartiscono il gran premio della giuria. Peccato per "Annette" e "The French Dispatch"

Da dieci giorni ci chiediamo cosa piacerà a Spike Lee, tra i film in concorso a Cannes 2021. Dopo la cerimonia di chiusura vorremmo sapere anche chi gli cuce i vestiti: la giacca metà blu e metà azzurra con nuvolette e i pantaloni in sfumature di tramonto rubavano la scena. Gli piace tutto e non gli piace niente, se dobbiamo giudicare dal Palmarès congegnato insieme alla sua giuria.

Scarsa la suspense: Spike Lee ha annunciato il film vincitore prima di cominciare, al momento della Palma per il migliore attore, vinta da Caleb Landry Jones per il film “Nitram” di Justin Kurzel. Impeccabile: un bel film su una sparatoria che sconvolse l’Australia, e portò a una legislazione più restrittiva sulle armi. Con scarso successo, spiega la scritta alla fine del film: oggi ci sono più armi che all’epoca della strage.

Spike Lee aveva detto “Titane”, il film poi vincitore della Palma d’oro. Brivido. Hanno fatto finta di niente, la premiazione è andata avanti (ma fino all’ultimo il Presidente non ha capito che prima dei premiati bisogna chiamare sul palco i premiatori). Nel caso di “Titane” - fantascienza-horror-splatter-porno-comica (così sembra allo spettatore che resiste alla tentazione di scappare) diretta da Julia Ducournau - per consegnare il premio è arrivata Sharon Stone. Ha un gala di beneficenza nei dintorni, non ha fatto il viaggio apposta.

 

Ducournau spinge pesantemente il pedale sul post-umano. La protagonista ha una placca di titanio in testa, fa la ballerina nei motorshow, uccide chi allunga le mani, preferisce accoppiarsi con le automobili (grazie, Cronenberg!). Fa un figlio con la colonna vertebrale di titanio e lo tira su a olio per motori. Donna e francese, non si può accusarla di sfruttamento e martirio del corpo femminile.

   

Per arrivare al verdetto che farà discutere, ma certo non attirerà schiere di spettatori al cinema, Spike Lee (e la giuria, beninteso, ma si sa come vanno queste cose) si è sbarazzato con metodo dei più meritevoli. L’iraniano Asghar Farhadi, per esempio, in concorso con “A Hero”: una delle sue storie locali (come “Una separazione”) fatta di ricerche e litigi. Lo ha accoppiato con il finlandese “Compartimento 6” di Juho Kuosmanen – molto meno bello – e si sono spartiti il Gran Premio della giuria. Altro ex aequo agli insopportabili, ma con risvolti politici: il tailandese Apichatpong Weerasethakul con “Memoria” e l’israeliano Nadav Lapid con “Ahed’s Knee” hanno avuto il Premio speciale della giuria. Per ogni coppia c’era una sola Palma d’oro, con la promessa di un’altra poi.

    

Il meraviglioso “Annette” di Léos Carax - aveva aperto il festival, promettendo film a misura di spettatore in astinenza - ha avuto il premio per la regia (ritirato dagli Sparks, compositori). L’ancor più meraviglioso “The French Dispatch” di Wes Anderson non ha avuto nulla di nulla. Non è la prima volta: i presidenti di giuria americani a Cannes giocano a fare gli europei, ostentando cinefilia.

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