Ansa

la prima diffusa

Le stories di Instagram alla Scala sono ormai una prima nella prima

Andrea Minuz

Una volta all’anno pop e lirica, influencer e politici sono un solo universo. E sembra sempre più un preludio del Festival di Sanremo, con effetto talent ma in versione istituzionale. Mancavano solo i Måneskin

Alla prima della Scala mancavano solo i Måneskin. Per il resto, c’erano più o meno tutti. Altro che Milano asburgica! Anno dopo anno, in un’escalation inesorabile, la prima si trasforma sempre di più in uno scintillante preludio del Festival di Sanremo. Una prova generale dello show nazional-popolare. Solo molto più instagrammabile. Le scene di Davide Livermore per questo “Macbeth” assai “distopico” e tetro, che si ispirava a “Inception” di Christopher Nolan (e dunque labirinti e carceri di Piranesi, illusioni ottiche, vetrate, cristalli) rievocavano casomai le spericolate, pacchianissime costruzioni scenografiche dell’Eurovision, come la rete scintillante di diamanti viola dell’edizione israeliana del 2019. L’Opera, si sa, è anche questo. E la scala (intesa come attrezzo scenico) è del resto uno dei simboli di Sanremo. Alla prima del 2016 (una “Madama Butterfly” sempre con Chailly sul podio), Alfonso Signorini si presentò avvolto in un drappo rosso, come un’eroina della serie “Handmaid’s Tale” (anche lei distopica). L’altra sera c’erano Dago con la gonna lunga giapponese, Cesare Cremonini con la mamma, Manuel Agnelli, Diodato, Emma Marrone, Marracash, come in una gita fuori-porta di “X-Factor” (a quando il talent per soprano?) Per la prima volta, ecco anche “l’estetista cinica” con le piume e un ospite-premio al seguito: la prima iscritta alla sua newsletter (Stefania, “che abita vicino Roma e fa la psicologa”), perché “le cose belle vanno condivise”. I Ferragnez, invece, erano a Saint Moritz.

   

Le stories di Instagram sono ormai una prima nella prima. Un backstage diffuso. Come nei reality e nei talent. Animalisti, No vax, cassaintegrati di Alitalia e tutte le proteste possibili all’ingresso del teatro non se le fila e non se le filerà più nessuno, a meno che non finiscano su Instagram. “L’evento” è lì. Due anni fa, a una “Tosca” di Chailly, Marracash e Elodie scatenatissimi sulle loro stories con la cronaca dettagliata dei preparativi della serata, trucco, parrucco, autista che li viene a prendere e li porta via, come in un’esterna di “Uomini e donne”. Solo che invece di andare da Maria De Filippi o sulla Tuscolana per il “GF Vip”, correvano alla Scala. Lui sfoderò anche un dito medio per ribadire che veniva dalla strada.

    

Milly Carlucci, poi, garantisce una continuità con “Ballando con le stelle”, tutto un effetto talent ma in versione istituzionale, seria, alta, solenne, con l’inno di Mameli, la fascia tricolore e il presidente Mattarella, anziché la giuria con Mariotto e Lucarelli. “Abbiamo un ospite che appartiene a un mondo diverso”, diceva l’altra sera Milly Carlucci presentando Alessandro Cattelan, e provando a rilanciarlo di nuovo in quota giovane-promessa-in-Rai: “Lui è il pop, la contemporaneità”. Come se il pop e la lirica, le influencer e i politici, Instagram e la Scala fossero ancora due universi distinti e non sovrapponibili. Almeno una volta l’anno. In attesa del Festival.