Dettaglio di copertina da Il problema della pace , Mondadori (traduzione di Edoardo Rialti) © 2020 Joe Abercrombie

Un'Unione che affonda “nel fottutissimo mare”. Il fantasy al tempo della Brexit

Joe Abercrombie

Banche, tecnologia e persino lo sfilacciarsi della Ue: Joe Abercrombie aggiorna il filone grimdark. Qualche pagina dal suo ultimo romanzo

Vick spostò le tende troppo pesanti per sbirciare in strada. Il sole stava tramontando al termine d’una giornata in gran parte sprecata, ridotto a un bagliore sporco sopra il labirinto di tetti difformi, le cime degli alberi assetati, i comignoli sbuffanti, le guglie di un centinaio di templi dedicati a una dozzina di versioni dell’onnipotente. Si domandò se fosse utile, credere in Dio. Se fosse rassicurante o terrificante, guardare tutta questa merda e sapere con certezza che faceva parte di qualche disegno più grande.

 

Vick premette il pollice sull’anca dolorante mentre guardava le candele che venivano accese in qualche santuario di Thond, le luci che brillavano alle finestre, le torce delle guide che portavano gli stranieri nelle migliori locande di Westport, nei migliori ristoranti, nei migliori vicoli per lo scippo. Il basso mormorio delle voci scorreva davanti alla porta, una risatina civettuola tintinnò lungo il corridoio.  Tallow fissava accigliato la stanza. Era la versione idiota di come si potesse decorare un palazzo, tutta velluto e dorature scrostate. “Che razza di stronzo organizza incontri in un bordello?”.

 

“Uno a cui piacciano le puttane e mettere la gente a disagio” disse Vick. Sanders Rosimiche, a detta di tutti, amava entrambe le cose. Un chiacchierone compiaciuto, ma che in passato aveva dato il proprio appoggio all’Unione, e un voto era un voto. La gente spesso sostiene che bisognerebbe tener testa ai bulli, ma Vick di solito trovava più produttivo lasciare che la angariassero. Per questo motivo aveva fatto una rara visita a una sarta, nella speranza di sembrare il più femminile e arrendevole possibile. Capelli sciolti e pettinati con l’olio nello stile di Westport. Aveva persino messo un profumo, che i Fati avessero pietà. L’unica cosa che aveva rifiutato erano le scarpe alte. Nel suo lavoro, non sapevi mai quando avresti dovuto scappare per salvarti la vita. O dare un calcio in faccia a qualcuno. “’Fanculo questi arnesi” grugnì lei, agganciando un dito al corsetto e agitandosi invano per cercare una posizione comoda. Nonostante fosse fatto su misura, le calzava incredibilmente male. O forse era stato tagliato per adattarsi alla donna che la gente avrebbe voluto che lei fosse, non per quella che era.

 

Si chiese cosa avrebbe detto Sibalt se l’avesse vista vestita così. Vorrei averti incontrata prima. Forse le cose sarebbero potute andare diversamente. E lei avrebbe risposto: Non l’hai fatto e non l’hanno fatto. Lui le avrebbe rivolto quel suo sorriso stanco: Sei un caso difficile, Vick, e avrebbe avuto ragione. Si ritrovava a sentire la sua mancanza nei momenti più strani. Le mancavano il calore, il peso del suo corpo tra le braccia, quello delle sue braccia intorno a sé. Le mancava qualcuno che lei potesse toccare.

 

Ma Sibalt si era tagliato la gola quando lei lo aveva tradito. Pensare a quello che lui avrebbe potuto fare era una perdita di tempo.
Lasciò ricadere le tende e si voltò verso la stanza, sorprese Tallow che guardava con la fronte aggrottata, come fosse un rompicapo di cui non riuscisse a trovare la risposta.
“Devi continuare a fissarmi?” sbottò lei.
“Scusami”. E lui si rattrappì come un cucciolo che si fosse beccato un calcio. “E’ solo che sembri…”.
“Assurda?”.
“Diversa, direi…”.
“Non dimenticare che sotto c’è la stessa donna. Quella che ha tua sorella in ostaggio”.
“Improbabile che lo dimentichi, non ti pare?” scattò lui, sfoggiando un accenno di rabbia imbronciata e inutile. Anche questo le ricordò suo fratello. Come la guardava quando le diceva che dovevano aiutare le persone, e lei gli diceva che dovevano aiutare se stessi. Quel senso di giustizia dilaniato. “Perché sei qui?”.
“Lo sai perché. L’Unione è debole. Nemici ovunque. Se non possiamo tenerci stretto ciò che già abbiamo…”.
“Ti sto chiedendo perché cazzo te ne freghi qualcosa. Ti hanno mandata nei Campi, giusto? Se fossi in te, riderei mentre l’Unione affonda nel fottutissimo mare. Perché sei qui?”.

 

La bocca di Vick si torse per sputare la risposta. Perché aveva un debito con Sua Eminenza. Perché il ricatto e il tradimento erano l’unica professione in cui avesse mai eccelso. Perché lei stava con i vincitori. Aveva una mezza dozzina di risposte a portata di mano. Solo che nessuna di queste era buona. La verità è che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. Scappare in un paese lontano, come lei e Sibalt avevano sempre scherzato di fare. Ma nel momento in cui Sua Eminenza aveva detto “Westport”, lei si era messa a fare le valigie. Era ancora lì in piedi, la bocca socchiusa, senza che le uscisse niente, quando la porta si spalancò e Rosimiche fece il suo ingresso.

 

Lui non aveva fatto i suoi stessi sforzi. Indossava una vestaglia lasciata incautamente aperta sulla vita ed evidentemente nient’altro, sfoggiando una fetta di pancia e petto irsuti.
“Mi scuso per avervi fatto aspettare” bofonchiò, senza sembrare affatto dispiaciuto.

 

Lei cavò fuori un sorriso. “Non c’è bisogno di scusarsi. So che siete un uomo impegnato”.
“Hai ragione. Ero impegnato a scopare”.
Mantenere quel sorriso fu uno sforzo. “Congratulazioni”.
“Vorrei riprendere la faccenda, quindi cerchiamo di essere brevi.
Westport si unirà alla Styria. Condividiamo la linea costiera e la cultura. Non si può discutere con la geografia e la storia. Non intendo mancare di rispetto”. Una frase che la gente pronuncia solo quando ha intenzione di farlo il più possibile.
“La mancanza di rispetto non mi dà fastidio” disse lei, infondendo nella propria voce una punta aguzza. “Ma potrebbe infastidire l’Arcilettore”. C’era stato un tempo in cui gli uomini si sporcavano le brache alla mera menzione dello Storpio. Rosimiche le fece una smorfia sardonica mentre si versava un bicchiere di vino. “Ma la Serpe di Talins è il potere in Styria, adesso. Murcatto ha unito la Styria mentre l’Unione si divide lungo le cuciture. Nobiltà e governo si azzannano a vicenda. E questi Spezzatori…”.

 

La mancanza di rispetto non le dava fastidio. Ma che le sbattesse in faccia il suo bordello e la sua vestaglia, sapendo per chi lavorava? Dava da pensare. Sembrava convinto che la fazione Styriana avrebbe vinto. Cercava di guadagnarsi il loro favore umiliando la rappresentante dell’Unione.

 

“Non si può ottenere una grande crescita senza qualche travaglio” disse Vick. “L’industria dell’Unione è l’invidia del mondo. Westport si taglierebbe fuori dal posto che le spetta nel futuro. Ho già parlato con diverse personalità che sono del medesimo avviso e…”.
“Quella stronza di Mozolia? Ah! Ho sentito che Shudra l’ha già riportata a cuccia. Tangenti migliori delle vostre, oso dire. Questo è il problema delle donne: pensano con la fica. Su tutto ciò che non riguarda la fica, non dovrebbero avere il diritto ad alcuna opinione. Scopare e sfornare bambini, tutto qui”.
“Non tralasciare il flusso mensile” disse Vick. “E’ un organo più versatile di quanto gli uomini credano”. Raramente si concedeva il lusso di disprezzare una persona. O di apprezzarla, se è per questo. L’uno o l’altro atteggiamento potrebbe costituire una debolezza. Ma questo bastardo stava mettendo alla prova la sua pazienza.

 

Rosimiche drizzò il pelo, infastidito dal fatto che la sua rozzezza non le avesse fatto abbassare la cresta. Passeggiava impettito, gonfio di disprezzo. “Ho sentito che Murcatto invierà in città Casamir dan Shenkt”.
“Non sobbalzo per le ombre. Forse mi farò prendere dal panico quando arriverà”.
“Potrebbe essere già arrivato”. Si avvicinò, tanto che lei poté vedere le minuscole macchioline di sudore sul ponte del naso. “Dicono che non solo uccide coloro per i quali è assoldato, ma che se li mangia”. Accidenti, adesso s’era pentita del vestito. Cominciava a desiderare di aver indossato un’armatura completa. “Chissà cosa si papperà per primo? Il tuo fegato, forse?”. Si avvicinò a Tallow. “Magari inizierà macellando il tuo galoppino”.

 

E all’improvviso, tutto ciò a cui riuscì a pensare fu lo sguardo sul volto di suo fratello, così ferito e sorpreso, quando i Pratici emersero dall’ombra. Rosimiche emise un breve bubbolio di shock quando il pugno di Vick gli fracassò la faccia. Lei teneva una nocchiera d’ottone nascosta dietro la schiena, ma adesso era sul pugno. Lui si aggrappò alle tende inciampando all’indietro, il sangue che gli colava dal naso rotto. Lei gli sferrò un pugno sulla mandibola che produsse uno scricchiolio nauseante e lui si lasciò sfuggire il bicchiere, schizzando vino su entrambi. Vick lo colpì sulla testa mentre cadeva, strappando le tende giù con sé. Lui si rannicchiò a palla, ansimando e sputacchiando, e lei gli mise il ginocchio sulla spalla e fece piovere una gragnuola di pugni su qualsiasi punto riuscisse a raggiungere. Perse il conto.

 

da Il problema della pace, Mondadori (traduzione di Edoardo Rialti) © 2020 Joe Abercrombie
Pubblicato per la prima volta da Gollancz, divisione di The Orion Publishing Group Ltd, Londra © 2021 Mondadori Libri S.p.A,, Milano

 

Di più su questi argomenti: