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Ti sei lavata bene le mani?

Antonella Lattanzi

Non so se sto prendendo tutto troppo alla leggera, o tutto con troppa serietà. Non lo so io, e non lo sa nessuno. Bisogna esercitare la pazienza, stare attenti, essere coscienziosi, non rischiare, ma nemmeno farsi sopraffare dal panico

Uno sguardo d’autore alla vita che cambia con la diffusione del coronavirus, la paura del contagio, l’Italia “chiusa” e il tempo da passare preferibilmente in casa. Sul Foglio una serie di storie di scrittori sui giorni del Covid-19. Il primo racconto che pubblichiamo è di Antonella Lattanzi. Nata a Bari nel 1979, vive a Roma; tra i suoi romanzi, “Prima che tu mi tradisca” (Einaudi Stile libero, 2013) e “Una storia nera” (Mondadori, 2017).


 

Baciamoci.

Ma sì, chissenefrega. Baciamoci più di prima. No, non baciamoci, se ci sono delle direttive vuol dire che hanno senso. Vanno seguite. Stringiamoci la mano. Ma sì, dai, stringiamoci la mano. Allora? La mano? No, no, non se ne parla, bisogna cambiare comportamento, bisogna capire che il gesto del singolo è per il bene di tutti e per il bene di sé stessi. Vero, vero, perché fare i controcorrente a tutti i costi? Salutiamoci da lontano. Un metro? Un metro e mezzo? Due? Quanti sono due metri? Pòrtati qualcosa per misurare le distanze. Mi sto spaventando. Ho preso tutto sottogamba finora: ho sbagliato? Mi sono lavata le mani? Prima non ero spaventata. Ora mi sto spaventando. Ce li hai i fazzoletti? Stai prendendo l’aspirina preventiva? In che senso l’aspirina preventiva?

 

Andiamo al cinema, dài, ci distraiamo. Ma i cinema a Roma sono aperti? Sì. No. Sì. No. Non si sa. Aspetta il pomeriggio, nel pomeriggio lo diranno. Sono aperti? Sono chiusi? Forse sono aperti ma devi tenere un posto vuoto: ai due lati, avanti e indietro. Ma io vado al cinema per stare con gli altri, se devo stare solo non ci vado. Sto a casa. Ma che dici, al cinema ci vai per guardare il film al buio, in silenzio, che t’importa se hai una persona appiccicata al tuo fianco o no? E poi scusa io a casa sto vicina al mio compagno e al cinema devo stargli lontano? Che c’entra, non capisci niente: mica possono chiederti lo stato di famiglia al cinema. Fai come dicono e basta. Andiamo al cinema, dobbiamo sostenere il cinema. Va bene, ok, andiamo, ché chissà per quanto non ci potremo andare. No, non ci andiamo, perché tanto entro stasera chiude tutto. Tutto cosa? Tutto. Chi te l’ha detto? Voci. Ma voci e basta? No no, voci che di queste cose ne sanno. Oddio, ma chi?

Compra l’amuchina. Mi vergogno a comprare l’amuchina, non voglio fare la parte di quella che va nel panico. E poi non mi serve l’amuchina, io sono fatalista.

Scusa, già che ci sei la compri tu, l’amuchina, anche per me? Va bene la compro. No, l’amuchina non si trova più. Prova in farmacia. Niente. Prova dai cinesi. Niente. Nemmeno la mascherina? Nemmeno la mascherina. E poi, si sa, le mascherine davvero utili sono solo quelle… Sì lo so, lo so, questo l’ho capito bene. E le scorte al supermercato? Devo fare le scorte? Io, per non saper né leggere né scrivere, le ho fatte già due settimane fa. Maddai, esagerato. Addirittura le scorte al supermercato, sei apocalittico e ti fai prendere dal panico. È la paura il peggior nemico. Va bene, niente scorte.

E se poi finisce tutto di colpo? Ho capito, facciamo le scorte. Non c’è più niente. Ci sono solo le penne lisce. La pasta liscia non la vuole nessuno. Povera pasta liscia. Va bene, la compro io e se non possiamo andare al cinema ci vediamo un film a casa, vieni? No. Casa tua è troppo piccola. Non possiamo stare a un metro di distanza. Poi gira voce che sono vietati anche gli assembramenti privati. Ma come gli assembramenti privati? Non si vedeva dalla seconda guerra mondiale una situazione così. Tu c’eri? No. L’hai letto? . Dove? Non mi ricordo.

 

Ma a chi dobbiamo credere? Al virologo apocalittico, a quello che dice che è come una banale influenza – poverina, l’influenza, che la chiamano banale -, a quello che dice sì, ma pure no? Infòrmati.

 

“Ciao Antonella” – questo è mio padre, da Bari – “quando ci vieni a trovare?”. Ma io sto a Roma, sono entrata in contatto con tantissime persone, sono stata fuori Italia, tra i miei migliori amici c’è gente di Milano che in questi giorni ha riparato a Roma… I miei hanno oltre settant’anni, e se fossi portatrice “sana” – nel senso di asintomatica – e contagiassi i miei genitori? Ma come fai a dirgli: papà, voi siete anziani? Niente, nicchio, scusami pà ho da lavorare moltissimo, vengo presto ma non ora.

 

Dall’estero non vengono più in Italia. Non vengono più i turisti, ma nemmeno chi dovrebbe lavorare in Italia. Saltano i set dei film a cui ho lavorato, saltano le uscite dei film al cinema a cui hanno lavorato i miei amici, salta la fiera internazionale dell’editoria di Londra, e per qualche ora si è detto che sarebbe saltato anche Cannes. Ora dicono di no. Cosa facciamo? Pensa a chi ha figli. Pensa a come stanno le persone che hanno figli: adesso come fanno a lavorare con i figli a casa? È un danno vero. Certo, è vero, c’è chi sta molto peggio di me. Io non ho figli, non vivo nella zona rossa, per ora non sono malata, non posso pensare solo al mio orticello. Pensa a chi gestisce i teatri, le librerie, gli eventi. Loro sì che stanno subendo questa crisi, davvero. È vero, è sacrosanto, dobbiamo aiutarci, dobbiamo stringerci per superare l’emergenza. Ma no, ma che dici stringerci! Dobbiamo stare lontani un metro!

 

È vero, è vero, scusate, mi allontano, è che mi confondo. Prenotiamo un viaggio per quest’estate, così ci distraiamo? Allora non hai capito niente, non dobbiamo sperperare i soldi. Vedremo gli effetti di questa crisi per i prossimi dieci anni. E’ anche possibile che a un certo punto non ci pagheranno più. Come non ci pagheranno più? Non è possibile. Tutto è possibile. E io come campo? Inventiva, Antonella, inventiva.

 

Allora che fai stasera? Devo vedermi con una ragazza per la prima volta. E se ti piace? Che fai? La baci? Certo che la bacio. Ma il corona? Eh? Volevo dire: il coronavirus? Eh. Si vedrà. Passa mezz’ora: non la vedo più. Quindi neanche più l’amore al tempo del coronavirus? Niente love stories? Niente notti folli d’amore di una notte? Niente, oppure fiori passati a un metro di distanza. E la palestra? Puoi andare in palestra? Sì, posso andare in palestra e il mio amico può anche fare box e quindi stare vicinissimo a uno sconosciuto, però poi quando usciamo dalla palestra niente strette di mano né baci. Solo ciao da lontano. Ma che senso ha? Zitta, non fare sempre domande.

 

Crollano le vendite dei libri. Ma perché? Se la gente sta a casa, se non può uscire, se non può vedere nessuno, non verrebbe naturale leggere più libri? No. Si sta a casa, si guarda il vuoto e si ha paura. Dai, per favore, vieni da me a farmi compagnia. Ma chi ti conosce.

 

Hai visto l’ultima notizia sul corona? Ora lo chiami corona, come fosse un tuo amico? No, è così, per essere più veloce. Sì l’ho vista, ma non era l’ultima, era la penultima: ce n’è una ancora più recente. Qual è? Questa, ti mando il link. Ok, leggo. Questa è l’ultima notizia, posso basarmi su questa? No, ce n’è una ancora più ultima.

 

E il mio compagno, che è regista, cosa fa? Ci sono i set, non ci sono? Eh, cosa fa: fa quello che fanno tutti: aspetta. Devi imparare l’arte dell’attesa. Ma io non so attendere! E invece attenderai, come fanno tutti. Non è una cosa che è successa a te, questa, te lo devi mettere in mente. E’ una cosa che è successa, che sta succedendo a tutti.

 

Ho nostalgia. Di cosa? Di ieri, quando si poteva andare al cinema. Dell’altroieri, quando erano aperte le scuole. Di tre giorni fa, quando sono tornata da un festival a Parigi. Adesso, siccome siamo italiani, ai festival di cinema a presentare il nostro film non ci vogliono più. Ho nostalgia di tre giorni fa come se fosse un’altra vita. Come se fosse un anno fa. Ma la vuoi smettere di parlare di coronavirus? Non pensi ad altro.

 

Lo sai che la gente non compra più la birra Corona? Lo sai che dicono che in seguito al coronavirus ci sono meno furti in casa? Lo sai che gira un audio su whatsapp: “Qui ho sentito una persona che sta nel governo e tutto quanto, e mi diceva di non prendere adesso il CoVid19 perché a settembre esce il 20”? Ma che battute sono? Non c’è niente da ridere (e però ti vedo, sotto i baffi, ridi). Ti sei lavata le mani? Lavati le mani!

 

E il Sud? E il Nord? Per un momento noi meridionali abbiamo avuto una specie di orgoglio patriottico: il coronavirus al Sud non c’è o quasi. Per una volta, stiamo meglio di voi. Eeeh, sì, ma che stai dicendo: come se un virus rispettasse le frontiere. Va bene, scusa, era per ridere, per alleggerire il panico. Non c’è niente da ridere. Ti sei lavata le mani?

 

Si fa quella fiera? È aperto quel teatro? Si fa quella festa a casa? Pazza, la tizia che fa la festa a casa in questo periodo. Ma no, fa bene! Ma no, fa male! Io non vado, io vado, io non vado, io vado perché non ho paura di niente. Sei andata? Alla fine no, ma non perché ho paura, non ho nessuna paura: non sono andata perché non ci andava nessuno. A proposito, ti sei lavato le mani?

E comunque mettiti l’anima in pace: pare che entro lunedì ci sarà un emendamento di ristrettezza per qualsiasi contatto. Come ogni contatto? Io non voglio stare sola! Pensa se vi chiudono in casa, a te e al tuo compagno. Poveraccio, dovrà stare sempre con te. Ma che dici, non si ride su queste cose! E poi lui sarà felice di stare con me. Vero, che sei felice?

Ti sei lavato le mani? . Ma hai capito che se non le lavi come dice il tutorial è come se non le lavassi? Le devi lavare seguendo le direttive. Ti sei lavato le mani seguendo le direttive?

Che si fa ora? Si aspetta.

 

Si ha nostalgia di ieri, o di stamattina. Si spera. Non ci si fa prendere dalla paura. Si esercita l’arte della calma. Ho comprato il prosciutto. Ma come te l’hanno dato, a mani nude o coi guanti? Con le mani. Con le mani? Sei pazzo? Io non lo mangio. Ma no, sto scherzando: coi guanti. Sei sicuro che avesse i guanti? E se aveva delle mani strane per cui sembravano guanti ma erano mani nude?

 

L’altroieri sono andata all’Agenzia delle entrate. Che notizia interessante! No, fammi raccontare: non ci facevano entrare nell’ufficio – quello centrale di Roma – in più di una decina di persona. Aspettavamo fuori, tutti appiccicati, pioveva e faceva freddo. Se non ci prendiamo il corona ci prendiamo sicuro un bel malanno. Mi sto annoiando, e poi che è successo? Sono andata allo sportello, e la signora che curava le pratiche mi ha urlato: stai lontanaaaa! Aspetta nell’altra stanzaaa! Ma io come facevo a darle la pratica e a chiederle informazioni se dovevo stare nell’altra stanza? Sono tutti impazziti.

No, hanno ragione, la situazione è seria, sei tu che non capisci niente.

 

E comunque in fila all'Agenzia delle entrate mi è scappato uno starnuto. Si sono girati tutti. Hai starnutito nel braccio? No, io mi vergogno a tossire e starnutire nel braccio. Ma ti rendi conto che stiamo parlando di una cosa seria? Non fare la bambina. Ti sei lavata le mani? E tu che hai fatto oggi? Sono andato a trovare una mia amica che ha appena partorito. Non ha voluto che ci abbracciassimo né che toccassimo il bambino. Davvero? E’ giusto, se lei si ammala poi chi si prende cura del bambino? E il papà? Il papà si è fatto abbracciare e baciare. Allora, scusa, che senso ha? A proposito, hai disinfettato gli oggetti che hai usato quando sei uscita? Io… E come ci sei andata a quella riunione? Coi mezzi pubblici. Ma sei pazza? Sono pieni di virus. Ma no, che dici, i mezzi pubblici si possono usare. Sei sicura? E dal parrucchiere, dall’estetista, ci posso andare? Ma certo. Sei sicuro?

 

Ho messo un alert: ogni volta che c’è un nuovo articolo sul coronavirus mi arriva una mail. Così so anche l’ultimissima notizia. Non ti far prendere dalla compulsione, vivi serena. Allora vado tranquilla in biblioteca. Sei sicura?

Sei sicura?

Sei sicura?

No, non sono sicura di niente, cambia tutto a una velocità pazzesca, non ci sono più le regole lavorative, umane, sociali di tre, due, un giorno fa, un’ora fa. Non so se ieri è l’ultima volta che sono potuta andare al ristorante con gli amici, e non so quando mi vorranno di nuovo per un evento lavorativo fuori dall’Italia. Non so quando mi sentirò sicura ad andare in Puglia a trovare i miei genitori senza la paura di contagiarli senza saperlo. Non so se sto prendendo tutto troppo alla leggera, o tutto con troppa serietà. Non lo so io, e non lo sa nessuno. Esercitare la pazienza. Stare attenti, essere coscienziosi, non rischiare, ma nemmeno farsi sopraffare dal panico. Soprattutto sostenere la cultura, in tutti i modi possibili. Sostenere i teatri, le librerie, i musei, i cinema. Curarci a vicenda, starci vicini – sì, va bene, anche senza toccarci. Non perdere il sorriso. Quando sarà finita, ricordare quello che potevamo perdere e che per un momento – lungo o breve – abbiamo perso. Ricordarsi di quanto siamo fortunati. Di quanto è bello e difficile e cangiante e coraggioso vivere.

Ti sei lavata bene le mani?

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