Un'immagine prova unica di ammissione ai corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia (foto LaPress)

Sul test di Medicina un'altra figuraccia del governo degli slogan

Redazione

Il comunicato sulla manovra annuncia: “Abolita la prova”. I ministri della Salute e dell'Università dicono di non saperne niente. I rettori e i professori protestano. Palazzo Chigi frena: “Obiettivo di medio periodo” 

Premessa doverosa. La manovra approvata dal Consiglio dei ministri di lunedì 15 ottobre, giusto in tempo per trasmettere a Bruxelles il Documento programmatico di Bilancio, è un disegno di legge. E come tale verrà vagliato, limato, in parte stravolto (se la maggioranza lo vorrà), durante il dibattito parlamentare. Quello che oggi è scritto, insomma, potrebbe non vedere mai la luce.

  

In ogni caso, nel comunicato ufficiale pubblicato sul sito del governo, Palazzo Chigi ha elencato le “principali innovazioni introdotte dal provvedimento”. Sono 24, in gran parte dichiarazioni di principio prive di dettagli. Si parla, ad esempio, di “più fondi per rilanciare Italia.it e trasformarlo in un sito per la promozione del made in Italy”. O di un “incremento del Fondo per il servizio civile”. O ancora di “incentivi fiscali per le imprese che riducono l'inquinamento, usando tecniche di produzione con minori emissioni”. Quanti soldi? Che tipo di incentivi? Come verranno distribuiti? Per ora non è dato saperlo.

 

Insomma, è un po' come se il governo avesse pubblicato la sua “lista della spesa”. Così non stupisce che, al punto 22, si legga questa frase: “Abolizione del numero chiuso nelle Facoltà di Medicina - Si abolisce il numero chiuso nella Facoltà di Medicina, permettendo così a tutti di poter accedere agli studi”. 

 

     

La notizia ha destato molto (e forse ingiustificato) clamore. “L'abolizione del numero chiuso per l'accesso alle facoltà di Medicina, senza un congruo aumento delle borse di specializzazione rischia di essere un boomerang - ha commentato il presidente dell'Acoi (Associazione chirurghi ospedalieri italiani), Pierluigi Marini - Se non si aumentano le borse di specializzazione assisteremo ad una nuova fuga di cervelli all'estero. I giovani laureati in Medicina che non entreranno nelle scuole di specializzazione si troveranno in una sorta di imbuto: non potranno accedere ai concorsi pubblici e dovranno per forza di cose cercare lavoro all'estero”.

 

Critico anche il rettore dell'Università La Sapienza di Roma, Eugenio Gaudio: “Un arretramento gravissimo e un passo indietro di 30 anni con il rischio di perdere il valore europeo della laurea in Medicina perché sarà impossibile certificare la frequenza con un numero di iscritti 5 volte superiore a quello che le università possono formare bene”. “Come sistema universitario - spiega parlando con Adnkronos Salute - ribadiamo la disponibilità ad aumentare i posti per le facoltà di Medicina fino a 15 mila in base alle esigenze del Sistema sanitario nazionale, ma una apertura indiscriminata porterebbe all'impossibilità di una formazione adeguata perché avremmo dei problemi organizzativi con le strutture, con le aule, con i docenti. Inoltre c'è un altro problema: oggi i posti per le scuole di specializzazione sono limitati a circa 7 mila, cosa accadrebbe se dalle facoltà uscissero 50 mila laureati in medicina, come si potrebbero specializzare?” 

 

Insomma, un putiferio. Che ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, svela l'inadeguatezza del governo gialloverde. Inutile cavillare sul fatto che la facoltà sarebbe, in realtà, di Medicina e Chirurgia. E che il test cui si fa riferimento è, con tutta probabilità, la “prova unica di ammissione ai corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia”. Cose da Azzeccagarbugli.

  

La verità è che il progetto, se mai verrà attuato, rischia di essere impraticabile. Solo lo scorso anno si sono iscritti alla prova in 67 mila (nel 2017 erano 66.907) per 9.779 posti disponibili. Insomma uno scarto di quasi 58 mila posti che rappresentano una massa critica difficile da assorbire da un giorno all'altro. In ogni caso il ministro della Salute, Giulia Grillo, già lo scorso settembre aveva illustrato, in un'intervista al Messaggero, la sua intenzione di abolire il numero chiuso. E aveva indicato, come modello da imitare, quello francese dove la selezione viene fatta al termine del primo anno di università.

 

Quindi il tema non è nuovo. Peccato che, anche se ipotizzato, né Grillo, né il ministro dell'università, Marco Bussetti, sapevano nulla di quel punto 22 inserito nel comunicato stampa del Consiglio dei ministri. Infatti, quando la polemica supera il livello di guardia, ecco arrivare il comunicato di Palazzo Chigi: “In merito al superamento del numero chiuso per l'accesso alla facoltà di Medicina, la presidenza del Consiglio precisa che si tratta di un obiettivo politico di medio periodo per il quale si avvierà un confronto tecnico con i ministeri competenti e la Crui, che potrà prevedere un percorso graduale di aumento dei posti disponibili, fino al superamento del numero chiuso”.

  

 

   

Anche i ministri Grillo e Bussetti, con una nota congiunta, spiegano che quello contenuto nel comunicato del governo “è un auspicio condiviso da tutte le forze di maggioranza che il governo intende onorare. Si tratta chiaramente di un percorso da iniziare già quest'anno per gradi. Per assicurare l'aumento dei posti disponibili e avviare un percorso condiviso, a breve sarà convocata una prima riunione con tutti i soggetti interessati a cominciare dalla Crui”. Di concreto quindi non c'è niente. Solo parole, auspici, slogan. Insomma, niente di nuovo sotto il cielo gialloverde.