Un grande appello da affiggere alle porte delle moschee del medio oriente

Giulio Meotti

Scrittori, giornalisti, intellettuali e imam francesi, tutti musulmani, tutti contro l’islamismo, definito “un totalitarismo e una piaga che ci minaccia tutti, senza eccezione”. Insieme vogliono denunciare “l’islam politico”, definito “malattia dell’islam” con le parole dello scrittore franco-tunisino Abdelwahab Meddeb

Roma. “Di fronte all’islamismo, la Repubblica non deve tremare!”. Si intitola così l’appello pubblicato dalla rivista francese Marianne e firmato da scrittori, giornalisti, intellettuali e imam francesi, tutti musulmani, tutti contro l’islamismo, definito “un totalitarismo e una piaga che ci minaccia tutti, senza eccezione”. Insieme vogliono denunciare “l’islam politico”, definito “malattia dell’islam” con le parole dello scrittore franco-tunisino Abdelwahab Meddeb. Sono firme di peso e di prestigio nell’opinione pubblica parigina che hanno il merito di non attenuare ogni elemento identitario in vista di un dialogo blando e irenistico. Firme come Boualem Sansal, acclamato scrittore algerino, vincitore del Prix du Roman Arabe, il premio al romanzo arabo, per il libro “Rue Darwin” (Gallimard). Ma anche Fethi Benslama, uno psicoanalista francese tunisina, docente presso l’Università di Parigi VII. E ancora l’imam delle banlieue Hassen Chalghoumi, che paga la ferma denuncia degli estremisti islamici con una vita sotto scorta. E poi la scrittrice franco-iraniana Fariba Hachtroudi e l’umorista Sam Touzani.

 

L’appello attacca “gli apprendisti stregoni” dell’islam politico, questi “usurpatori” che “minacciano, intimidiscono, terrorizzano e commettono crimini”. Dicono qualcosa di inusitato i firmatari, ovvero che “la cultura della violenza è consustanziale a tutte le correnti dell’islam politico”. Una ideologia che “ha diffuso morti, lacrime, tragedia e desolazione”. Attaccano il Consiglio Francese del Culto Musulmano e sostengono che “l’islam richiede una grande battaglia ideologica che dobbiamo assumerci collettivamente. Non dobbiamo cedere un briciolo di ciò che costituiscono le nostre conquiste democratiche”. Obiettivo critico dell’appello è il comunitarismo, “infestato da reclutatori per conto dell’islam politico” e che sta sottomettendo la democrazia con la “logica della paura”. Criticano “i non musulmani che, attraverso il relativismo culturale, continuano a infantilizzare i musulmani e che attraverso la banalizzazione aiutano l’avanzata del pensiero islamico”. Chiedono di non cedere al “ricatto della ‘islamofobia’”, definita “una truffa intellettuale” che si propone di “anestetizzare e atrofizzare il dibattito”, stabilendo per legge e per consuetudine “una sorta di blasfemia mascherata”. Molti dei firmatari sono già in una lista di obiettivi del terrorismo. Come Zineb el Rhazoui, sociologa e collaboratrice di Charlie Hebdo. Come il giornalista Mohamed Sifaoui, che ha visto la sua foto e il suo nome accanto alla scritta apostata, “le mourtad”, su un sito islamista, e già scampato a un attentato ad Algeri. Come la regista di “Ni Allah ni maître” (Né Allah né padrone), Nadia El Fani, che le è costato una fatwa e l’assalto al cinema Africart di Tunisi, una delle sale più famose della capitale, dove era in programma il film.

 

Sono loro i veri “musulmani moderati”, non i tipi dalla lingua biforcuta come Tariq Ramadan o i capi dell’Ucoi. E’ un appello che andrebbe affisso alle porte delle moschee di tutto il medio oriente. Il Califfo avrebbe allora un vero contendente. E’ dall’11 settembre che siamo ancora fermi alla faida interna al macello islamista.

Di più su questi argomenti:
  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.